Tra poco più di un mese saranno passati otto anni da quel drammatico 14 febbraio 2010 e la comunità di San Fratello è ancora costretta a far ei conti con disagi e difficoltà del dopo frana. L’imponente opera di consolidamento del vasto fronte franoso è evidente e lampante. L’articolato sistema di pozzi e trincee drenanti, una trentina in tutto le realizzazioni, per il convogliamento e il deflusso delle acque, il rifacimento dei sistemi idrico e fognario, dei servizi, e di parte della viabilità compromessa, sono l’emblema dell’attività posta in essere dal dipartimento regionale della Protezione civile che ha garantito la messa in sicurezza del centro abitato. Lavori, per oltre 70 milioni di euro, portati a termine definitivamente nel 2016. La terza fase, quella della riqualificazione del territorio di San Fratello, fu avviata lo scorso anno quando si aprì la conferenza dei servizi sui progetti, per un ammontare complessivo di 6 milioni e mezzo di euro. Lavori alcuni andati in appalto, come ad esempio la riqualificazione urbana del quartiere Stazzone, o che presto andranno in gara, come quelli di rifunzionalizzazione della piazza antistante alla Chiesa demolita di San Nicolò. In fase di aggiudicazione dell’appalto altri importanti interventi che consentiranno il recupero di quelle aree rimaste da anni solo teatro di ruderi e macerie. Si tratta della realizzazione di un campo di calcetto e di un parcheggio nell’area antistante all’ex scuola elementare demolita, la riqualificazione delle aree circostanti i pozzi drenanti, la demolizione degli edifici ritenuti totalmente inagibili ed irrecuperabili, il consolidamento della Via Lenin, nel quartiere Riana, e infine il recupero del campo di calcio. La parte più preoccupante è però quella legata ai rimborsi agli sfollati. Rispetto alle originarie 650 famiglie sfollate, 1500 persone senza casa, oggi resterebbero ancora 147 nuclei familiari. Di questi 37 famiglie, circa un centinaio di persone, risultano fuori San Fratello mentre 110 sono ancora nel centro nebroideo, 35 nella propria casa e 75 presso altre abitazioni. A creare maggior scetticismo tra la popolazione sono però i ritardi nell’iter per il riconoscimento degli indennizzi a chi ha perso la casa o ha dovuta affrontare spese per interventi di sistemazione. Molte delle istanze, infatti, non sono state ancora completate, alcune per la necessità di atti integrativi, mentre altre sono state rigettate, per mancanza di requisiti o assenza di documentazione.