Si chiama smoking land, il sito idrotermale, con oltre 200 camini vulcanici, scoperto nel fondale marino tra l’isola vulcanica di Panarea e l’isolotto di Basiluzzo, nell’arcipelago eoliano, da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in collaborazione con la Marina Militare, Università di Messina e di Genova e l’Istituto per l’ambiente marino costiero (Iamc-Cnr). Lo studio, pubblicato su Plos One, fornisce nuove e importanti informazioni sulle caratteristiche minero-geochimiche e biologiche dei sistemi idrotermali superficiali del mar Mediterraneo.
“Lo Smoking Land è costituito da decine di strutture a forma di cono, composte soprattutto da ossidi di ferro, che presentano un’altezza variabile da 1 a 4 m e una base con diametro medio di circa 4 metri. Alcune di queste bocche emettono fluidi acidi, ricchi di gas, in prevalenza di anidride carbonica”. Una struttura così estesa e complessa non trova eguali in Mediterraneo ma solo in alcune aree oceaniche.
La scoperta nasce a seguito di una serie di indagini dell’Ingv volte a capire la natura di una improvvisa e forte attività esalativa che nel novembre 2002 ha iniziato a manifestarsi copiosamente tra gli isolotti di Panarea. Da quel momento, numerose sono state le campagne oceanografiche a bordo delle navi Astrea dell’ISPRA ed Urania del CNR e di unità della Marina Militare, per studiare l’area interessata e individuare altre zone di degassamento.
I primi dati raccolti hanno permesso ai ricercatori italiani di ipotizzare che lo Smoking Land e le altre aree della zona, oggetto di rilascio di fluidi idrotermali e bolle di gas, siano dovute a una risalita di gas idrotermali profondi che innescano una circolazione di acqua marina nel sottofondo, favorendo la risalita e la fuoriuscita attraverso camini vulcanici e aree adiacenti o l’accumulo nel sottofondo per l’impermeabilizzazione del fondale marino.
Non è escluso che la presenza di aree di fondale interessate da forte attività di degassamento possa portare a un nuovo rilascio di gas o a una situazione come quella del 2002. Da qui la necessità di nuovi studi per comprendere non solo la genesi del fenomeno ma anche l’evoluzione di tali strutture sottomarine, e di attivare un’attività di monitoraggio e sorveglianza continua dei fondali tra l’Isola di Panarea e l’isolotto di Basiluzzo.