La qualità della Giustizia in uno Stato si misura dai tempi del processo ma anche dalla certezza della pena.
Tolleranza zero, inasprimento delle pene, aggravanti, sono slogan vuoti da esporre nelle campagne elettorali e soprattutto in occasione di fatti di particolare gravità per mostrare un volto più autoritario che autorevole. Basterebbe soltanto applicare totalmente le pene.
Può uno Stato accettare che un cittadino condannato a due ergastoli goda della libertà condizionata? Può accettare che un mafioso condannato in via definitiva per aver ucciso due volte possa essere in giro, proprietario di un bar, dopo sei anni?
Può, e può proseguire anche a delinquere. Si tratta di Giovanni Sutera, palermitano di 60 anni che figura tra i quattro arrestati nell’inchiesta della procura di Firenze per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti emersa ieri mattina.
Sutera, destinatario di misura di custodia cautelare in carcere, si trovava in libertà condizionata nonostante fosse condannato all’ergastolo per l’omicidio di un gioielliere fiorentino e di quello della 17enne Graziella Campagna, uccisa dalla mafia a Villafranca Tirrena nel 1985.
Graziella Campagna venne uccisa perché trovò un’agendina nella giacca di un mafioso, Gerlando Alberti Jr, che era andato a portare a lavare i suoi vestiti nella lavanderia in cui la ragazza lavorava. Forse Graziella lesse qualcosa, forse ne parlò con qualcuno. Pochi giorni dopo, mentre aspettava il bus alla fermata, a fine turno di lavoro, venne prelevata e infilata in una macchina, portata in una cava fuori Messina e freddata a colpi di pistola. La condanna divenne definitiva nel 2009 (dopo 24 anni di vicenda processuale macchiata da depistaggi e coperture istituzionali). Poi, lasciato il carcere nel 2015, Sutera ha aperto un bar a Firenze ma la vera attività di Giovanni Sutera e del fratello Renato, secondo gli inquirenti sarebbe stata quella di finanziare con circa 40 mila euro, un’associazione a delinquere che coltivava in Spagna marijuana da portare e spacciare in Italia.
Per l’accusa i due fratelli avrebbero creato nel tempo società fittizie, intestate a prestanome, facendole fallire e omettendo di versare i contributi previdenziali e le imposte. In questo filone delle indagini, nel quale sono indagate complessivamente 11 persone tra cui – spiegano i carabinieri – gli attuali gestori del bar, vengono contestati i reati di trasferimento fraudolento di valori e bancarotta fraudolenta. I vari sviluppi investigativi scaturiti da questa indagini hanno condotto i carabinieri a individuare anche gli interessi criminali dei Sutera con la Spagna.
Chi ha deciso, tre anni fa, che Sutera non fosse più pericoloso?
Chi ha deciso che avesse pagato il suo conto con la Giustizia per due delitti?
Chi ha dato questo schiaffo alla famiglia di Graziella?
Sarebbe interessante capirlo.