giovedì, Novembre 21, 2024

Operazione “Hypnose”, ecco i dettagli e i nomi degli arrestati

All’alba di oggi i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nella provincia peloritana ed in quelle di Palermo e Bergamo, emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, su richiesta della locale Procura della Repubblica, guidata dal Procuratore Emanuele Crescenti, a carico di 6 soggetti (uno dei quali ancora attivamente ricercato) ritenuti responsabili – a vario titolo – di rapina aggravata in concorso mediante l’ipnosi delle vittime.

I destinatari dei provvedimenti sono:
Salafia Giovanni, 27 enne, di Palermo,
Faija Michele, 59enne, di Cinisi (PA),
Talamanca Gaetano, 51enne, di Palermo,
Li Causi Matteo, 49enne, della Provincia di Bergamo,
Immesi Giuseppe, 68enne, di Palermo

Il provvedimento restrittivo scaturisce da una complessa attività di indagine, denominata “HYPNOSE”, sviluppata a partire da gennaio 2018 dai Carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto, coordinati dal sostituto Procuratore della Repubblica Dott.ssa Rita Barbieri, i cui esiti hanno consentito di documentare l’operatività di un gruppo di rapinatori – con base nella città di Palermo – i cui componenti hanno rapinato, nel corso di pochi mesi, numerose vittime, perlopiù anziane, individuate e derubate nei pressi di luoghi di culto o di ritrovo.

Questo il modus operandi della banda: le vittime, dopo essere state avvicinate dagli indagati col pretesto di una finta compravendita di gioielli, percepivano un intenso “profumo”, la cui persistenza è stata descritta come avente un effetto rassicurante,  che unito ad altre tecniche di manipolazione ipnotica li induceva in stato confusionale e venivano convinte a recarsi presso la propria abitazione o presso i propri istituti di credito al fine di procurarsi il denaro che consegnavano ai malfattori.

Gli indagati, agendo in pieno giorno e in zone familiari alle vittime, erano in grado di creare con loro un legame in grado di influenzarne i comportamenti e da porle in stato d’incapacità, con ipnosi e tecniche comunicative verbali e di gestualità tali da persuadere e manipolare la persona offesa.

Le testimonianze e l’esame delle riprese di videosorveglianza e dei tabulati telefonici, hanno consentito di giungere all’identificazione degli indagati e di fare luce su numerosi episodi di rapina con ipnosi, di cui sono stati teatro diversi comuni della provincia di Messina, tra cui un episodio a Capo d’Orlando nel novembre del 2017.

I rapinatori, che agivano sempre tre per volta, interpretavano una sceneggiatura in cui uno ricopriva il ruolo di marinaio straniero intenzionato a vendere gioielli, un secondo complice fingeva di essere interessato all’acquisto ed il terzo interpretava un gioielliere in grado di valutare la merce. La compravendita di gioielli era inscenata allo scopo di coinvolgere la vittima, che veniva avvicinata dal finto marinaio straniero che doveva vendere dei gioielli per i quali, in caso di mancata vendita, avrebbe dovuto pagare delle pesanti tasse doganali.

Nel frattempo, sopraggiungeva un secondo soggetto che si intrometteva nella discussione chiedendo al marinaio di mostrargli i gioielli, precisando, però, la necessità di procedere ad una valutazione della merce da parte di un esperto. Il finto acquirente, quindi, si allontanava temporaneamente e ritornava in compagnia di un altro complice che si presentava come gioielliere e valutava i preziosi.

Queste fasi, in genere, duravano anche fino a due ore, durante le quali la vittima veniva fatta partecipe delle difficoltà del marinaio che avrebbe potuto subire un grave danno economico dalla mancata vendita o da quelle dell’ipotetico acquirente che non era in possesso di tutto il denaro necessario all’acquisto.
Le vittime venivano aggirate attraverso continue gestualità, abbracci, strette di mano al fine di creare un vincolo empatico. In alcuni casi, attraverso questi contatti fisici, le vittime percepivano un profumo molto intenso, che provocava loro uno stato confusionale ed ipnotico. Al termine di queste lunghe manovre la volontà delle vittime veniva coartata e queste ritenevano di dare un contributo per l’acquisto dei gioielli ritenendo che consegnare il denaro fosse il giusto comportamento da tenere.

La violenza, attuata mediante induzione ipnotica, produceva una condizione psichica di “trance”, caratterizzato dallo spegnersi della coscienza razionale, della capacità critica e delle facoltà cognitive volte all’osservazione dell’elaborazione del mondo esterno.

Le vittime erano infatti persone in pieno possesso delle proprie capacità di provvedere ai propri bisogni, persone di varia età e condizione sociale tutte perfettamente autonome, che si sono dimostrate alquanto stupite per aver compiuto delle azioni del tutto estranee al  proprio modo di operare ed hanno evidenziato uno stato confusionale e una perdita della cognizione del tempo evidenziando meraviglia per aver trascorso delle ore con soggetti estranei senza un motivo plausibile.

Ognuna delle vittime non si è posta alcun problema nell’elargire delle somme cospicue di denaro, anche prelevando in casa o presso gli istituti di credito, evidenziando quale unica spiegazione possibile, una momentanea scissione dalla realtà ed una sospensione della normale capacità di lettura critica degli accadimenti del mondo reale.

Gli elementi fanno pensare non ad un semplice raggiro ma ad una vera e propria tecnica ipnotica volta a superare ogni tipo di meccanismo di difesa da parte delle vittime, alle quali i malfattori riuscivano a far compiere ogni tipo di dazione di denaro prescindendo da qualsiasi valutazione, quantomeno dubitativa, circa la convenienza, l’affidabilità, l’effettività dell’operazione, la corrispondenza al vero della vicenda narrata o della possibile falsità dei gioielli.

Ciò denota la pericolosità sociale degli indagati, che hanno messo in atto condotte che denotano una spiccata professionalità, una forte capacità di adattamento alle diverse situazioni, affrontate con una particolare metodicità e spregiudicatezza da lasciar ipotizzare una vera e propria struttura organizzativi. Gli indagati, oltre ad essere gravati da numerosi precedenti, anche specifici, risultano deferiti in stato di libertà in molte zone della Sicilia e d’Italia e sono stati tratti in arresto in diverse occasioni per fatti similari.

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