Il sistema scolastico italiano continua a perdere troppi alunni per strada: 130 mila nuovi iscritti alle superiori non prenderanno mai il diploma; chi ci arriva è costretto spesso ad accontentarsi di un lavoro non attinente agli studi e appena il 18% consegue la laurea. La “fotografia” è della rivista specializzata Tuttoscuola, che attraverso un focus nazionale ha messo il dito nella piaga della dispersione scolastica italiana, aggravata dalla scarsa spendibilità di diversi corsi di studio e dal mancato collegamento con l’istruzione terziaria.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, Associazione Nazionale Insegnanti E Formatori, “avere cercato di approvare l’autonomia regionale differenziata in questa situazione, che crea cittadini senza futuro e un danno alla società intera oltre che al Pil, è stato da irresponsabili. Per contrastare il fenomeno della dispersione, bisogna agire all’opposto: le scuole collocate in aree più a rischio, con alti tassi di abbandono e di scarso tessuto socio-culturale, vanno necessariamente pungolate con il coinvolgimento formale di esperti esterni, psicologi, assistenti sociali, di una rete territoriale pronta a subentrare nei momenti critici. È poi necessario supportare il sistema scolastico delle regioni più arretrate con finanziamenti ad hoc, anche europei, rinforzare gli organici di docenti e personale Ata, anticipare l’obbligo scolastico a 5 anni e posticiparlo sino alla maggiore età”.
Le stime nazionali, aggiornate al 2018, ci dicono che un giovane su quattro che il prossimo mese si accinge a iniziare la scuola secondaria superiore, non arriverà mai a conseguire il diploma di maturità.
Gli alti numeri degli abbandoni precoci
Sono ben 130 mila gli adolescenti che si iscrivono al primo anno della secondaria di secondo grado ma che non arrivano in fondo al percorso. L’emorragia, certo, è minore rispetto al passato: “tra il 2013 e il 2018 hanno detto addio in anticipo ai professori 151mila ragazzi, il 24,7 per cento del totale, contro il 36,7 del 1996-2000”. Tuttavia, siamo lontanissimi dalla soglia massima del 10% di abbandoni dei banchi di scuola indicata dall’Unione Europea. Con casi regionali a dir poco preoccupanti, come ha ribadito l’Invalsi di recente: in Sicilia, ad esempio, si registra il record di oltre il 35% dei giovani che iniziano le superiori senza però mai conseguire la maturità.
Boom di Neet, pochi laureati
A rendere ancora più fosco il quadro è il fatto che “spesso chi abbandona i libri così precocemente finisce nel buco nero dei Neet, quei giovani che non studiano e non lavorano di cui fa parte un ventenne su 3 del Mezzogiorno”. Anche chi è animato di buone intenzioni, si perde lungo il cammino: la metà degli iscritti all’università, infatti, non arriva alla laurea. Inoltre, sottolineano i realizzatori della ricerca, “su 100 iscritti alle superiori solo 18 si laureano. Ma poi un quarto dei laureati va a lavorare all’estero. E il 38% dei diplomati e laureati che restano non trovano un lavoro corrispondente al livello degli studi che hanno fatto. Un disastro”.
La posizione del presidente Anief
“A livello di organizzazione scolastica interna – sostiene Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – sarebbe sicuramente utile procedere con una revisione dei percorsi formativi, prevedendo l’anticipo della scuola a 5 anni di età degli iscritti e posticipando l’obbligo formativo dagli attuali 16 anni sino a 18 anni. Resta poi fondamentale lo sganciamento degli organici dalle rigide norme nazionali che fanno scattare i posti solo in presenza di un determinato numero di alunni e di classi: è una modalità che nelle aree difficili, dove la dispersione è alta e l’asse scuola-famiglia ha meno strumenti per ostacolare abbandoni e apprendimenti difficoltosi, non può essere sufficiente. In questi casi servono organici potenziati, anche di personale Ata, che fungano da ‘cuscinetto’ per affiancarsi al personale già presente, prevenendo e contrastando le crisi dei tanti giovani che si allontanano da scuola”.