Momenti di tensione ieri mattina nell’ospedale Bonino Pulejo di Messina dove per qualche ora si è pensato che tra i pazienti ci fosse anche il boss latitante Matteo Messina Denaro.
Troppe le coincidenze: l’età, la provenienza (Castelvetrano), la corporatura, la situazione medica dell’uomo. Dopo un consulto tra di loro, alcuni infermieri hanno preso coraggio e hanno avvisato le autorità competenti. Immediatamente la Procura ha inviato i militari per prelevare un campione di Dna dall’uomo e per verificare se si trattasse davvero del capomafia. Ma non era lui. Insieme all’allarme è scattata la procedura di emergenza con la chiusura degli ingessi e delle uscite. Ingressi e uscite blindate e un elicottero a sorvolare la zona.
Il super ricercato Matteo Messina Denaro è latitante da oltre 26 anni, figura al primo posto nella lista dei mafiosi ricercati. Dopo l’ultima inchiesta sui fiancheggiatori della “primula rossa” di Castelvetrano che in un’intercettazione parlavano di “Iddu” che si sarebbe fatto accompagnare in Mercedes alla stazione di Trapani, c’è poi stato un pentito a rivelare nuovi particolari sul mistero del super latitante di Cosa Nostra, quello che oggi viene considerato il capo della mafia siciliana.
Il collaboratore di giustizia è Emanuele Merenda, di Sant’Angelo di Brolo, ex esattore del pizzo della mafia barcellonese e poi componente con lo stesso ruolo di una organizzazione criminale di stampo mafioso in Veneto portata a galla da una inchiesta della Procura di Venezia sull’infiltrazione della camorra casalese ad Eraclea, nel Veneziano. Secondo il pentito di mafia, Matteo Messina Denaro si sarebbe nascosto per un periodo nella cantina di una casa di campagna in Veneto, un «edificio di colore giallo» dove sarebbe stato ospite di Vincenzo Centineo, un altro siciliano (originario di Gangi) finito anche lui nell’inchiesta sui Casalesi di Eraclea. La casa si troverebbe a Campo di Pietra di Salgareda nel Trevigiano