I finanzieri del comando provinciale di Messina hanno dato esecuzione questa mattina ad un decreto di sequestro di beni nei confronti di Domenico La Valle, per un valore di oltre 10 milioni di euro, nel corso dell’operazione denominata “Last Bet”.
La complessa attività investigativa – disposta dalla Direzione Distrettuale Antimafia peloritana – trae origine da approfondimenti sviluppati dagli specialisti del
Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del nucleo di polizia economico finanziaria di Messina, con specifico riferimento al redditizio settore del gioco e delle scommesse, segnatamente d’azzardo.
Proprio in tale ambito, le fiamme gialle messinesi hanno riscontrato come Domenico La Valle, noto imprenditore locale, risultasse tra gli elementi apicali di un’importante quanto strutturata consorteria mafiosa, egemone nella zona sud di Messina, dedita al sistematico ricorso a metodi violenti per imporre, anche con atti estorsivi, la propria posizione di monopolio nello specifico settore, notoriamente di interesse delle mafie.
Nel merito, rilette in un’ottica nuova le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, è stato attestato come l’imprenditore avesse nel tempo acquisito il ruolo di riferimento del clan Trovato nella gestione delle bische clandestine, in una prima fase, per poi evolversi nella distribuzione dei videopoker, in tempi successivi.
Dopo la disgregazione dell’originaria compagine associativa per via della carcerazione dei capi e del percorso di collaborazione con la giustizia intrapreso da altri, La Valle ha assunto secondo gli inquirenti un controllo pressoché esclusivo delle attività illegali della famiglia,
costituendone il punto di riferimento “imprenditoriale” e facendo da contraltare al ruolo
“operativo” ricoperto dai fratelli Trovato.
Sul punto, quindi, dopo circa due anni di indagini, nel febbraio 2018, poi confermata in
appello a gennaio 2019, interveniva una sentenza di condanna a 13 anni di reclusione per
associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, violenza privata, gioco d’azzardo, reati
fiscali, usura e lesioni. In altre parole, le investigazioni disposte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Messina ed eseguite dai militari del G.I.C.O. avrebbero documentato come, nonostante diverse assoluzioni, La valle risultasse figura di rilievo nel panorama mafioso cittadino, in grado, da un lato, di imporre la collocazione delle apparecchiature presso gli esercizi commerciali della zona, dall’altro, garantire agli esercenti accondiscendenti di poter godere della connessa protezione mafiosa del clan.
A tal riguardo, oltre a documentare come la protezione si dispiegasse anche mediante
servizi di vigilanza e ronde notturne, si acquisiva come alcuni titolari di sale giochi,
destinatari di furti, anziché rivolgersi alle forze di polizia per denunciare l’accaduto,
dapprima valutassero la possibilità di rivolgersi a consorterie mafiose catanesi, per poi
decidere di richiedere l’intervento dell’organizzazione mafiosa riferibile al La Valle,
autonomamente in grado di assicurare la restituzione delle somme oggetto di furto, nel
rispetto dei rapporti di forza tra organizzazioni criminali a competenza territoriale diversa.
Ma il controllo delle dinamiche criminali restituito dalle indagini è risultato ben più ampio.
Emblematico, al riguardo, è il caso del violento pestaggio di un avventore di origine cinese,
reo di essere stato “fortunato”: per sua sventura si trovava a giocare nel momento in cui la
macchinetta videopoker, manomessa con appositi software, avrebbe garantito una vincita
“non autorizzata” dal gruppo mafioso e dal La Valle.
In sintesi sono emersi non solo una pluralità indefinita di comportamenti criminali indicativi
di un profilo del La Valle soggetto socialmente pericoloso, ma anche una significativa disponibilità di risorse finanziarie, anche rese accessibili agli esponenti del clan, in assolvimento del suo ormai accertato ruolo di “cassiere”.
Da qui le investigazioni economico–patrimoniali riferite ad un trentennio per quantificare e aggredire l’enorme patrimonio dell’imprenditore, che, consapevole della propria caratura criminale e della concreta possibilità di vedersi sequestrare l’intero impero criminale, avrebbe gestito di fatto – avvalendosi dell’apporto di fidati prestanome, diverse attività economiche: società di noleggio di apparecchi da gioco, sale giochi, un distributore di carburanti, una rivendita di generi di monopolio. Analogamente, si documentava come ulteriori investimenti immobiliari risultassero fittiziamente intestati a propri familiari. Da qui il Tribunale di Messina – sezione misure di prevenzione – ha disposto il sequestro, per un valore complessivo di stima di oltre dieci milioni di euro.