L’operazione “Nebrodi” è il frutto di due diverse deleghe di indagini relative al territorio dei Nebrodi che la Dda di Messina ha affidato al Gico della Guardia di Finanza di Messina ed ai Carabinieri del Ros, del comando provinciale di Messina e del comando tutela agroalimentare.
Quella del Ros ha consentito di ricostruire l’attuale assetto e operatività del clan dei “Batanesi”, diretto Sebastiano Bontempo (cl. 69), Sebastiano Bontempo (cl. 72), Sebastiano Conti Mica e Vincenzo Galati Giordano, gruppo mafioso operativo nella zona di Tortorici e in gran parte del territorio della provincia di Messina. Quella del Gico, si è concentrato su una costola del clan “Bontempo Scavo”, capeggiata da Aurelio Salvatore Faranda che ha esteso il centro dei propri interessi fino al Calatino.
Sono emersi importanti elementi in ordine non solo all’area di operatività delle famiglie mafiose, ma anche alla loro capacità di interlocuzione, capaci di rapportarsi con le articolazioni territoriali mafiose Catania, Enna e del mandamento delle Madonie di cosa nostra palermitana. In tale ambito, sono stati documentati importanti momenti dell’evoluzione dei Batanesi e dall’estensione della loro influenza al territorio di Montalbano Elicona, un tempo controllato dalla famiglia mafiosa di Barcellona.
A parte la droga e le estorsioni, le illecite percezione di ingenti contributi comunitari concessi dall’Agea si è rivelata la principale attività rilevante per tutta l’organizzazione mafiosa presente sul territorio. A partire dal 2013 è stata di oltre 10 milioni di euro, con il coinvolgimento di oltre 150 imprese agricole tutte direttamente o indirettamente riconducibili alle due famiglie mafiose, grazie all’apporto compiacente di ex collaboratori dell’Agea, un notaio e numerosi responsabili dei centri di assistenza agricola.
Meccanismi accertati anche grazie a intercettazioni, acquisizioni documentali, perquisizioni. Tra gli elementi di novità raccolti dall’indagine è emerso anche che le somme provento delle truffe sono state ricevute dai beneficiari su conti correnti aperti presso istituti di credito attivi all’estero e, poi, fatte rientrare in Italia attraverso complesse movimentazioni economiche, finalizzate a fare perdere le tracce del denaro. Ciò a dimostrazione del fatto che l’organizzazione mafiosa, grazie all’apporto di professionisti, ha dimostrato di avere una fisionomia moderna e dinamica, decisamente lontana dallo stereotipo della “mafia dei pascoli”.