Tre cadaveri senza un nome, ritrovati a Castel di Tusa, Cefalù e Termini Imerese e grossi carichi di hashish sparsi sulle coste siciliane. Il mistero che attanaglia le procure di Agrigento, Trapani, Termini Imerese, Patti e Messina, nei cui territori sono stati effettuati i ritrovamenti di droga, sembra essere arrivato a una svolta.
La Procura di Agrigento, guidata da Luigi Patronaggio, salito agli onori della cronaca la scorsa estate per essersi schierato contro l’allora ministro dell’interno Salvini, nell’ambito dell’inchiesta sulla Sea Watch del capitano Carola Rackete, sembra essere sulla pista giusta. L’ipotesi che prende quota è quella che porta ad un possibile naufragio avvenuto al largo delle coste di Trapani.
I vari panetti di hashish ritrovati lungo le coste sicule, farebbero parte di scatoloni che verosimilmente si sono smembrati a causa delle correnti marine e della permanenza in acqua per lungo tempo.
Il naufragio a largo di Trapani coinciderebbe con l’ipotesi di una nave “madre” straniera – un peschereccio o barca a vela – che consegnerebbe, in quello che è un traffico internazionale di stupefacenti, gli scatoloni ricolmi di “roba” a corrieri locali che arrivano sulle coordinate concordate con motoscafi veloci.
I panetti di hashish ritrovati e sequestrati, A Capo d’Orlando nel messinese, a San Leone e a Realmonte nell’Agrigentino e a Castelvetrano e Marsala nel Trapanese, sembrano essere tutti della stessa fattura. Ma a chiarirne il contenuto saranno gli esiti degli esami di laboratorio il cui incrocio è ancora in corso.