Da un lato aumentano le spese per tutelare la salute e l’igiene dei nostri lavoratori, garantire la produzione di beni essenziali e quindi il posto di lavoro dei dipendenti e l’indotto, dall’altro sono crollate le entrate per la chiusura di attività commerciali e quindi scarsa liquidità e difficoltà a pagare i fornitori; tasse non sospese ma solo rinviate di qualche giorno, cronica difficoltà ad avere accesso al credito bancario e il grande timore della proroga in aprile, necessaria per la salute pubblica, ma forse non accompagnata da nuovi interventi incisivi e diffuseiper far ripartire l’intero tessuto economico nazionale: sono alcuni dei punti nevralgici oggetto della lettera inviata da Alessandro Faranda, amministratore di Fontalba, al premier Giuseppe Conte e al ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, per sensibilizzare il Governo in merito al decreto “Cura Italia” e accendere i riflettori su alcune importanti questioni. L’imprenditore messinese lancia un appello in difesa di tutte le categorie produttive, invitando il Governo a adottare, al più presto, ulteriori misure economiche e fiscali che abbraccino una più ampia platea di beneficiari: “Ci sono aziende che hanno fatturati importanti, ad esempio oltre i 2 milioni di euro, che rappresentano una grossa fetta del PIL nazionale, hanno tanti dipendenti e muovono preziosi indotti economici, ma ci sono anche i lavoratori autonomi: molti di questi non sono destinatari di adeguati aiuti da parte dello Stato per far fronte allo stato di crisi. Bisogna andare incontro a tutti se davvero vogliamo evitare una recessione e riprenderci il prima possibile da questa tragica emergenza che è sanitaria e al contempo economica”. Il Sud come il Nord soffre inevitabili conseguenze dirette e indirette, che vedremo meglio nei prossimi mesi, i cui effetti e rischi vanno valutati già adesso con misure adeguate e dettagliate, prima che le imprese chiudano battenti e licenzino.
Nel caso di Fontalba, l’impresa sta continuando ad assicurare l’imbottigliamento di acqua, considerato bene essenziale, ma con grandi difficoltà: “Naturalmente le forniture di prodotto in questo momento sono maggiormente concentrate sulla Grande Distribuzione Organizzata (G.D.O., quindi supermercati) – scrive nella missiva – in ragione della chiusura di bar, pub, ristoranti, etc. su tutto il territorio nazionale. Il perdurare di una simile situazione seppur apparentemente tenda a garantire una strenua continuità operativa aziendale, benché contraddistinta da un’importante riduzione del volume di affari, rischia invece, nella realtà dei fatti, di compromettere, in assenza di misure urgenti e significative, la prosecuzione dell’attività imprenditoriale. Dobbiamo far fronte ad una carenza di liquidità quindi al concreto rischio di insolvenza, giustificata dal fermo generale; si parla già di probabile proroga del DPCM di chiusura delle attività fino al 18 aprile: “La salute – prosegue Faranda – è al primo posto, quindi se è necessario rimanere a casa ancora per qualche settimana, non dobbiamo esimerci da questo dovere civico con coscienza e senso di responsabilità per tutelare e tutelarci, ma tutto ciò deve essere accompagnato da un forte e dirompente aiuto all’economia, a tutte le realtà produttive, industriali e imprenditoriali, nessuno escluso. Dalla più piccola alla più grande“. Per ripartire, ad esempio, serve probabilmente tagliare spese pubbliche inutili e superflue, ridurre realmente le tasse che hanno raggiunto livelli inaccettabili e molto più alti di altri Paesi. Faranda conclude con la speranza che a breve il Governo possa varare nuovi decreti: “Per non lasciare indietro davvero nessuno. Il mio appello corrisponde a quello di tantissimi colleghi, delusi dal decreto Cura Italia e già sul piede di guerra, perchè si aspettavano molto di più. Sono sicuro e fiducioso che il premier e la sua squadra lavoreranno sodo per assicurare il futuro del sistema Italia, a partire dal singolo lavoratore costretto a stare a casa in questo momento alla più grande e articolata azienda”.