“I dispositivi di protezione arrivano con il contagocce. E quelli che arrivano dalla Protezione civile nazionale spesso si sono rivelati inservibili. Come le 57mila mascherine appena recapitate all’Ordine dei medici di Palermo e “non idonee all’uso sanitario”, su ammissione dello stesso commissario nazionale per l’emergenza. Eppure i medici e gli operatori continuano a lavorare. Li vedi imboccare gli anziani nei reparti, come si è ritrovata a fare Cecilia Le Moli, 47 anni, geriatra all’Ingrassia di Palermo e rappresentante sindacale Cimo: “Dall’8 marzo ai parenti è vietato entrare. Abbiamo più personale parasanitario ma con 25 ricoverati, tutti a letto, ci diamo una mano. Li facciamo mangiare, li puliamo, li mettiamo in comunicazione con i parenti con i nostri smartphone”. E c’è chi si arrangia comprando a proprie spese mascherine e camici: “Siamo un reparto “non-Covid” — dice la dottoressa — ma non abbiamo la certezza di non avere positivi asintomatici o non essere noi stessi vettori, pur seguendo alla lettera le indicazioni”.
“Sandro Tomasello, 39 anni, anestesista al Covid hospital di Partinico e anche lui sindacalista, da due settimane non vede i due figli e la moglie: “Sono andato a vivere con un collega in un altro appartamento per non esporre al rischio contagio la mia famiglia”. Pure il lavoro è cambiato: “Facciamo turni anche di 12 ore, con tute, maschere e visiere dentro le quali si fa fatica a respirare e a fare le manovre rianimatorie”.
“In assenza dell’esito dei tamponi — che arrivano non prima di 48 ore — spesso sono i radiologi a fare la diagnosi attraverso la Tac. “A Villa Sofia — racconta il radiologo Giuseppe Bonsignore, portavoce Cimo — non dovrebbero arrivare pazienti con sintomi respiratori, eppure il 118 continua a inviarceli. L’infermiere che va in sala col paziente ha lo scafandro. Per gli altri ci sono mascherine chirurgiche, non idonee per il contatto con positivi. E spesso riutilizziamo quelle del giorno prima”.
“Va persino peggio agli autisti soccorritori della Seus 118. Per direttiva ministeriale, le mascherine filtranti vanno usate solo dal medico o dall’infermiere di bordo a contatto con il paziente. L’unica indicazione per i soccorritori è mantenere un metro di distanza dal malato. “Praticamente impossibile”, spiega Alessio Spina, 41 anni, in servizio nella postazione 118 del Cannizzaro di Catania e sindacalista Cisl. “Noi non stiamo solo al volante. Saliamo a casa dei pazienti, li sistemiamo sulle barelle, li trasportiamo. Sono pazienti fragili che vanno trattati con cura”. Ma non chiamateli eroi: perché — dicono — usare la retorica della guerra e dell’ineluttabilità del sacrificio è disonesto. “Non chiediamo più soldi — sbotta il presidente dell’Ordine dei medici di Palermo, Toti Amato — ma dispositivi di sicurezza. Per proteggere noi stessi, i pazienti, i nostri cari”.