A scrivere è l’insegnate di San Fratello Salvatore Di Bartolo. Lui insegna all'”E. Montale” di Tradate, nel varesotto. Nel cercare attenzioni e aiuti per la sua terra, anche denuncia, trascuratezze, omissioni, ritardi e rivolgendosi al Presidente Sergio Mattarella cerca “giustizia”.
«Egregio Presidente Mattarella,
chi scrive è un giovane siciliano innamorato della propria terra. Uno di quei tanti che trascorre la gran parte dell’anno altrove per motivi di lavoro. Uno dei quei pochi che ancora si ostina a credere fortemente in un futuro migliore per i giovani nati nella nostra Sicilia.
Il rispetto incondizionato verso il ruolo istituzionale da Lei oggi ricoperto e la stima ragguardevole nei confronti della Sua persona mi spingono a porgerLe dei doverosi ringraziamenti per l’impegno da Lei profuso in queste ultime concitate settimane e per la forza che le Sue parole hanno saputo trasmettere alla cittadinanza tutta.
Ma proprio i suddetti sentimenti di rispetto e stima mi impongono di rivolgerLe delle necessarie riflessioni e di manifestarLe dei leciti interrogativi sul presente ma soprattutto sul futuro della nostra regione.
Nelle scorse settimane il Presidente della regione Sicilia ha più volte evidenziato pubblicamente le criticità del sistema sanitario regionale, manifestando peraltro delle giustificate perplessità in merito alla non remota eventualità di una rilevante condizione di stress alla quale lo stesso potrebbe essere a breve sottoposto. Gli stessi vertici regionali hanno inoltre, loro malgrado, dovuto fare i conti con la carenza di apparecchiature e dispositivi sanitari atti a fronteggiare la situazione emergenziale, avanzando a tal proposito svariate richieste al governo.
Ad oggi, dette richieste sono state pericolosamente trascurate.
Nessun ventilatore elettrico né respiratore delle decine necessarie a salvare delle vite umane ad oggi è stato fornito, e la stessa cosa dicasi per ciò che concerne i kit diagnostici. Mentre a fronte di svariate milioni di mascherine richieste ne sono state recapitate solo poche migliaia.
Dati davvero poco incoraggianti se si considera che sono già trascorse ben cinque settimane dall’inizio della fase di emergenza sanitaria e ci troviamo in prossimità del tanto temuto picco dei contagi.
In che modo il governo pensa di poter gestire in Sicilia l’eventuale sopraggiungere di una condizione di emergenza quale quella che sta interessando diverse aree del settentrione?
Come si pensa di porre un freno alla rapida diffusione della pandemia se non si hanno a disposizione né strumenti per evitare il contagio né tantomeno per accertarsi che un’eventuale condizione virale sia già in essere tra gli individui?
Accanto a tali interrogativi, attinenti la sfera squisitamente sanitaria, risulta poi opportuno tenera in debita considerazione quelli inerenti l’ambito socio-economico.
Come famiglie ed imprese, già di per sé in una forte condizione di precarietà e disagio, potrebbero affrontare e superare il perdurare di una situazione eccezionale quale quella attuale?
Quali risorse s’intende destinare al tessuto economico-produttivo di una regione già martoriata da una comprovata e durevole situazione di crisi imprenditoriale ed occupazionale?
Ad oggi, purtroppo, bisogna avere il coraggio di ammettere che i dubbi e le perplessità risultano essere molteplici ed irrisolti.
Le certezze, invece, esigue ma inconfutabili.
I tanti miliardi sottratti alla gestione della sanità pubblica del mezzogiorno in nome di scellerati vincoli contabili sono prova evidente di miopia e scarsa capacità di programmazione da parte di una classe dirigente dimostratasi troppo spesso inadeguata.
La difficoltà da parte degli amministratori locali nel rispondere tempestivamente ed efficacemente a situazioni di comprovata ed evidente emergenza senza il rischio di dover incorrere in reati ed abusi di vario tipo sono figlie di un modello ormai obsoleto di gestione della cosa pubblica che si erge su procedure estremamente farraginose ed eccessivamente burocratizzate.
Signor Presidente, la nostra amata Sicilia muore ogni giorno di più, e le responsabilità di ciò non sono di certo da ascriversi ai siciliani.
I siciliani hanno loro malgrado dovuto subire passivamente le scelleratezze dei governi nazionali e sovranazionali che hanno condannato la nostra amata terra ad un lento ed inesorabile declino.
Una Sicilia abbandonata a sé stessa. Lasciata in balia degli eventi. Costretta ad affrontare autonomamente temi epocali quali l’immigrazione, ma anche la crisi del mercato del lavoro ed il grave deficit infrastrutturale rispetto alle altre aree del continente.
La speciale condizione di insularità richiederebbe indubbiamente ben altre attenzioni da parte di un’Europa rivelatasi nel tempo poco madre e troppo spesso matrigna. Un’unione fondata su principi di unità e solidarietà tra i popoli che continua ad anteporre, anche in condizioni del tutto eccezionali, rigidi parametri contabili e perverse logiche finanziarie al soddisfacimento dei bisogni essenziali dei propri cittadini.
Caro Presidente, nel tempo noi siciliani abbiamo dovuto giocoforza imparare a convivere con la perdita del nostro posto di lavoro, dell’affetto dei nostri familiari e del calore della nostra terra.
Ma non della dignità. Quella mai.
Auspico che il ruolo di garante da Lei esercitato possa mitigare la condizione di attuale caos politico ed orientare saggiamente le scelte di chi è chiamato ad amministrare in un momento tanto difficile.
Possa altresì la Sua figura rappresentare un importante punto di riferimento per mantenere viva la speranza dei siciliani tutti, in modo particolare di coloro i quali in queste ore si trovano nella condizione di dover cercare disperatamente un posto letto ove curarsi o un pasto caldo da consumare. Disperatamente sì, ma sempre con dignità!».