Altri 21 tamponi, eseguiti sui siciliani rientrati dopo il 14 marzo da fuori regione, sono risultati positivi nel week end. E così raggiunge quota 60 il totale di chi ha fatto ritorno in Sicilia portando con sé il Coronavirus, su 6.000 tamponi già esitati. In percentuale 1 su 100.
È il primo bilancio dell’importante misura a cui la Regione Sicilia ha affidato gran parte della strategia di contrasto al contagio (qui la notizia e la videointervista dell’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza sui primi 4.000 tamponi eseguiti).
L’operazione non è ancora completa, perché sono quasi 15 mila le persone che le Asp provinciali devono controllare. Si tratta di siciliani che nell’attesa del tampone sono stati e devono restare in quarantena.
Uno su cento dunque, fra i siciliani rientrati nell’Isola nel corso dell’emergenza coronavirus, è risultato contagiato. La cifra, soltanto in apparenza infinitesimale in termini assoluti, è però significativa a livello epidemiologico. Il tasso di positività dei cosiddetti “rientrati” di cui finora si conosce l’esito del test è dell’1%. Un dato molto più alto se paragonato al numero di siciliani risultati contagiati rispetto alla popolazione: 2.302 su circa cinque milioni di cittadini. Ovvero: lo 0,046%.
Il tasso di contagiati, fra i siciliani rientrati soprattutto dal Nord, è 21 volte più alto della media siciliana, nella quale fra l’altro sono compresi pure loro. Ciò significa che, se il trend dell’1% si confermasse sui circa 40mila che si sono registrati sulla piattaforma online siciliacoronavirus.it, il numero di positivi sarebbe prossimo a 400.
Attestando la tesi dell’Osservatorio epidemiologico, che indica nello sbarco di cittadini provenienti da zone rosse uno dei principali fattori di innesco e di diffusione del Covid-19 nell’Isola. E confermando, una volta di più, l’efficacia della linea dura del governo regionale nella strategia di contenimento, soprattutto nei confronti di chi è rientrato.