A quasi 28 anni dal tragico 19 luglio 1992 restano ancora tante ombre. Quel giorno, meno di due mesi dopo la strage di Capaci, vittime dell’esplosione in via D’Amelio furono il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta.
Oggi la Procura di Messina ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sul depistaggio delle indagini sulla strage, aperta a carico degli ex pm Carmelo Petralia ed Annamaria Palma, ai quali si contestava il reato di concorso in calunnia, aggravato dall’avere favorito Cosa nostra.
I due magistrati facevano parte del pool che coordinò l’indagine sull’attentato. Attualmente Palma è avvocato generale a Palermo, mentre Petralia ricopre la carica di procuratore aggiunto a Catania.
Nell’ipotesi accusatoria della Procura competente, quella di Messina, guidata da Maurizio de Lucia, in concorso con i tre poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, tuttora sotto processo a Caltanissetta, i due pm avrebbero depistato le indagini sulla strage di via D’Amelio suggerendo a tre falsi pentiti, tra cui Vincenzo Scarantino, di accusare dell’attentato persone ad esso estranee. La falsa verità, a cui per anni i giudici hanno creduto, è costata la condanna all’ergastolo a 7 persone.
Le false accuse dei pentiti, che per anni hanno retto a più vagli processuali, sono state infatti smontate dalle rivelazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza.
Dopo il pentimento dell’ex boss di Brancaccio, che si è accusato della strage e ne ha ricostruito la vera dinamica, i sette ingiustamente condannati sono stati scarcerati e sono persone offese nei procedimenti a carico dei poliziotti e dei due ex pm.
Secondo la procura, che chiede l’archiviazione, al momento non ci sarebbero infatti profili di rilevanza penale. Quindi, quello che è stato definito dalle sentenze come “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria d’Italia” rimane ancora un mistero.