Il figlio dello storico boss di Cosa nostra Tano Badalementi è stato arrestato dalla Dia a casa della madre a Castellamare del Golfo, in provincia di Trapani.
L’arresto di Leonardo Badalamenti è stato eseguito in esecuzione di un mandato di cattura internazionale emesso dall’autorità giudiziaria di San Paolo, in Brasile, per associazione criminale finalizzata al traffico di stupefacenti e falsità ideologica. Ad arrestare il figlio di don Tano sono stati gli uomini della Dia di Palermo coordinati dal reparto ‘Investigazioni giudiziarie’ in collaborazione con il Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia (Scip) e la polizia brasiliana.
In attesa dell’estradizione, Badalamenti è stato trasferito nel carcere Pagliarelli di Palermo.
Leonardo Badalamenti, 60 anni, è il secondogenito di don Tano, il boss che negli anni settanta è stato a capo della cupola di Cosa Nostra e poi riconosciuto come mandante dell’omicidio di Peppino Impastato. Per l’autorità brasiliana Leonardo – che andava in giro con un’identità falsa, quella dell’uomo d’affari brasiliano Carlos Massetti e che aveva registrato in quel paese la nascita del suo primo figlio chiamandolo come il nonno, Gaetano – era latitante dal 2017 in seguito all’emissione da parte dell’autorità brasiliana.
Badalamenti, inoltre, è stato indagato perché, secondo gli inquirenti brasiliani, era a capo di un’organizzazione criminale impegnata tra il 2003 e il 2004 a negoziare titoli di debito pubblico emessi dal Venezuela attraverso l’intermediazione di un funzionario corrotto del Banco centrale, che servivano per garantire l’apertura di linee di credito in istituti bancari esteri. Non solo. Il figlio dello storico boss di Cinisi è stato accusato anche di aver tentato una truffa ai danni delle filiali della Hong Kong Shanghai Bank, della Lehman Brothers e dell’Hsbc per un importo di diverse centinaia di milioni di dollari.
Leonardo Badalamenti era già stato arrestato – il 22 maggio 2009 in Brasile – dal Ros dei carabinieri nel corso dell’operazione Mixer – Centopassi, assieme ad altre 19 persone ritenute responsabili in concorso di associazione per delinquere di stampo mafioso, corruzione, truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e trasferimento fraudolento di valori.