sabato, Novembre 23, 2024

Operazione Provinciale – 33 arresti a Messina. Estorsioni, droga e voti di scambio. I nomi degli indagati

Messina

Nel corso della notte, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato hanno eseguito un’operazione antimafia congiunta che ha portato all’arresto di 33 persone e al sequestro di beni, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip presso il Tribunale di Messina, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Messina, per i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, sequestro di persona, scambio elettorale politico-mafioso, lesioni aggravate, detenzione e porto illegale di armi, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, con l’aggravante del metodo mafioso.

“L’operazione è il risultato di autonome e convergenti indagini del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Messina, del Gico del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina e della Squadra Mobile della Questura di Messina che hanno consentito di documentare l’attuale operatività dei sodalizi mafiosi operanti nella zona centro della città dello Stretto, nel settore delle estorsioni in danno di esercizi commerciali, del traffico di stupefacenti e del controllo di attività economiche nel campo della ristorazione, del gioco e delle scommesse su eventi sportivi”, dicono gli inquirenti.

In particolare, le indagini dei Carabinieri di Messina hanno riguardato la consorteria mafiosa egemone nel rione messinese di “Provinciale” capeggiata dal noto esponente mafioso Giovanni Lo Duca, attiva, fra l’altro, nelle estorsioni in danno di esercizi commerciali e nel traffico di sostanze stupefacenti e hanno portato al sequestro di un bar utilizzato come base logistica dell’associazione mafiosa.

Le indagini della Guardia di Finanza di Messina hanno riguardato le attività del gruppo criminale capeggiato da Salvatore Sparacio, operante nel rione “Fondo Pugliatti”, documentando il controllo di attività economiche e portando al sequestro di una impresa operante nel settore del gioco e delle scommesse.

Le indagini della Questura di Messina hanno riguardato il sodalizio mafioso capeggiato da Giovanni De Luca, attivo nel rione di “Maregrosso” nel controllo della sicurezza ai locali notturni e nel traffico di sostanze stupefacenti, sodalizio già oggetto dell’indagine “Flower” conclusa nell’ottobre 2019.

Il provvedimento cautelare del gip del Tribunale di Messina ha disposto la custodia cautelare in carcere per 21 persone, gli arresti domiciliari per 10 persone e l’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria per 2 persone, nonché il sequestro di 2 imprese, operanti nel settore del gioco e delle scommesse e della ristorazione.

Il clan mafioso di Messina “esercitava un controllo capillare del territorio”, “tanto che qualsiasi iniziativa assunta nel rione era assoggettata al preventivo “placet” di Giovanni Lo Duca che si proponeva quale soggetto in grado di sostituirsi allo Stato nella gestione delle “vertenze” sul territorio”.

Lo Duca

Dopo avere trascorso tredici anni in carcere, al 41 bis, Giovanni Lo Duca è tornato in libertà e avrebbe ripreso il comando nella zona di Messina. “In particolare, le indagini avviate dopo la scarcerazione di Giovanni Lo Duca – dicono gli inquirenti – hanno documentato che questi aveva riassunto le redini dell’organizzazione, proponendosi quale riconosciuto punto di riferimento criminale sul territorio, capace di intervenire autorevolmente nella risoluzione di controversie fra esponenti della locale criminalità”.

Dopo quasi due anni di intercettazioni e servizi di osservazione, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Messina hanno documentato come “il sodalizio capeggiato da Giovanni Lo Duca operava mediante il sistematico ricorso all’intimidazione e alla violenza, con pestaggi e spedizioni punitive, per affermare la propria egemonia sul territorio e controllare le attività economiche della zona”. Lo Duca si sarebbe impegnato anche “per recuperare i crediti derivanti sia dal traffico di sostanze stupefacenti che dalla gestione delle scommesse su competizioni sportive”.

In una circostanza, per esempio, è emerso come una donna del quartiere si fosse rivolta a Lo Duca “per ottenere la liberazione del proprio figlio minorenne che era stato trattenuto contro la sua volontà da un pregiudicato del posto che lo voleva punire per delle offese pubblicate dal ragazzo su Facebook”. Lo Duca “intervenne nei confronti dell’uomo, ottenendo l’immediata cessazione di ogni iniziativa ostile nei confronti del minore”. Non fu mai sporta alcuna denuncia.

La base operativa del clan mafioso di Messina sgominato dalla Dda guidata dal Procuratore Maurizio de Lucia, “era il Bar “Pino” gestito dalla sorella di Giovanni Lo Duca, il quale trascorreva le sue giornate presso l’esercizio commerciale, dove incontrava gli associati per pianificare le varie attività criminose della consorteria e dove veniva eseguita l’attività di raccolta di scommesse sportive in assenza di licenza e per conto di allibratore straniero privo di concessione”. Secondo l’accusa l’esercizio commerciale, che era “funzionale allo svolgimento delle attività criminali del clan”, è stato sequestrato dai Carabinieri.

In manette anche un candidato alle elezioni, accusato di voto di scambio

C’è anche un candidato al Consiglio comunale di Messina, non eletto nel 2018, tra gli arrestati della maxi operazione. In manette è finito Natalino Summa, 52 anni, che nella primavera del 2018 si era candidato al consiglio comunale nella città dello Stretto, senza essere però eletto.

L’uomo è accusato di voto di scambio, perché avrebbe pagato diecimila euro per il sostegno elettorale del clan Sparacio. Le indagini tecniche degli investigatori peloritani hanno consentito “di captare alcune inequivoche conversazioni”, inerenti proprio la prova dell’offerta di denaro, per una somma pari a 10.000 euro, effettuata al boss dal candidato politico, affinché procurasse un congruo numero di voti per la propria scalata elettorale, spiegano gli inquirenti.

Questa attività di procacciamento vedeva in Francesco Sollima, 52 anni, ritenuto trade union tra Natalino Summe ed il boss Salvatore Sparacio, che l’aspirante consigliere comunale incontrava con il padre Antonino di 81 anni”.

I riscontri eseguiti hanno consentito di documentare come l’accordo illecito raggiunto consentisse di raccogliere, nei quartieri di operatività del gruppo mafioso, ed altri a questo collegati, in totale, ben 350 voti, spiegano gli investigatori.

Sparacio

Il funerale in piazza del padre del presunto boss, con tanto di sosta davanti alla sala biliardo, ritenuta luogo di summit mafiosi, in pieno lockdown e con i divieti anti Covid. E’ quanto hanno scoperto gli inquirenti. E’ l’11 aprile del 2020 e l’Italia è ferma quando muore Rosario Sparacio, il padre di Salvatore, arrestato la notte scorsa nel blitz. Il corteo funebre si sposta dall’abitazione del defunto e raggiunge, sotto gli occhi degli investigatori che controllano ogni movimento, la sala biliardo “La Spaccata”. Per almeno un quarto d’ora. Poi il feretro viene portato in chiesa per la benedizione. Ma anche qui i tempi si sono prolungati ulteriormente. E solo dopo il corteo verso il cimitero. All’epoca scattarono le sanzioni anti Covid con multe ai diretti interessati.

“La rilevanza per il gruppo criminale investigato della sala giochi “Asd Biliardi Sud”, ha trovato significativa conferma lo scorso 11 aprile 2020, in occasione dei funerali di Rosario Sparacio, fratello dell’ex boss pentito Luigi Sparacio e padre dell’indagato Salvatore, allorquando il corteo funebre si fermava proprio davanti alla sala biliardi, in violazione e disprezzo delle normative e disposizioni vigenti nella fase del primo lockdown del paese, dovuto dalla pandemia generata dalla diffusione del Covid–19″, dicono gli inquirenti.

“In questo ambito emergeva come, proprio all’interno del locale si tenessero veri e propri summit mafiosi e si praticasse il gioco d’azzardo, attraverso personal computer collegati tramite la rete internet con piattaforme di scommesse on-line aventi sede all’estero, che permettevano di accedere a giochi illeciti, offerti al di fuori del circuito autorizzato dai Monopoli dello Stato, nonché come, attraverso la forza di intimidazione promanante dall’associazione mafiosa, venisse imposto l’utilizzo delle medesime piattaforme software e delle stesse video slot ai vari gestori locali”.

I nomi degli arrestati

In carcere: (21)

Giovanni Lo Duca
Giovanni De Luca
Emmanuele Balsamo
Ugo Ciampi
Tyron De Francesco
Vincenzo Gangemi
Anna Lo Duca
Francesco Puleo
Maria Puleo
Giovanni Tortorella
Salvatore Sparacio
Domenico Romano
Ernesto Paone
Giuseppe Marra
Mohamed Naji
Emanuele Laganà
Domenico Mazzitello
Kevin Schepis
Giuseppe Esposito
Mario Orlando
Giuseppe Surace

Arresti domiciliari (10)

Mario Alibrandi
Antonio Scavuzzo
Francesco Sollima
Antonino Summa
Natalino Summa
Carlo Cafarella
Letterio Cuscinà
Gabriella De Luca
Serena Ieni
Antonino Soffli

Per due indagati è stato disposto invece l’obbligo di firma, si tratta di Gaetano Vinci e Antonina Cariolo.

Ci sono poi altri cinque indagati per i quali il gip non ha ritenuto di emettere misure cautelari: Salvatore Lo Duca, Giovanni Mancuso, Marialuisa Mattei, Roberto Mazzitello e Stefania Sparacio.

Facebook
Twitter
WhatsApp