Nel 1995 avrebbe ucciso la sorella, figlia di uno storico clan mafioso del Catanese legato Cosa nostra, perché tradiva il marito con esponenti del suo clan e di uno rivale.
E’ l’accusa contestata ad Alessandro Alleruzzo, 47 anni, figlio del boss deceduto Giuseppe, destinatario di un ordine di custodi cautelare per l’omicidio della sorella, Nunzia. La donna era scomparsa di casa il 30 maggio del 1995.
Quel giorno il figlio di 5 anni disse di averla vista uscire di casa con suo zio Alessandro. Secondo un “pentito” lo stesso Alleruzzo gli avrebbe «raccontato di aver ucciso la propria sorella per riscattare l’onore della famiglia».
Alessandro Alleruzzo è il figlio del defunto boss Giuseppe che negli anni ’70 e ’80 guidava il gruppo di Paternò di Cosa nostra, al centro di sanguinose faide mafiose, legato alla “famiglia” Santapaola di Catania.
E’ anche cugino di Santo Alleruzzo, 67 anni, noto come “vipera”, ritenuto il reggente del clan fino al suo ultimo arresto avvenuto nell’ambito della operazione «Sotto scacco» della Dda di Catania. Nell’ambito di guerre di mafia Giuseppe Alleruzzo subì il lutto dell’assassinio della moglie e del figlio e decise di collaborare con la giustizia.
Il 25 marzo del 1998, militari del Nucleo operativo della compagnia di Paternò, dopo due telefonate anonime, trovarono in un pozzo dei resti di una donna, compreso un teschio con due fori causati da colpi di arma da fuoco. Erano quelli di Nunzia Alleruzzo. Dal carcere, Santo Alleruzzo avrebbe intimato a suo cugino Alessandro di «fare ritrovare il corpo della sorella per darle sepoltura».
Le recenti dichiarazioni di tre pentiti – Francesco Bonomo, Antonino Giuseppe Caliò e Orazio Farina – hanno permesso di ricostruire dinamica e movente del delitto. Nunzia Alleruzzo sarebbe stata assassinata dal fratello Alessandro perché la donna «aveva avuto numerose relazioni sentimentali con componenti del clan, abbandonando il marito». Calò ha detto anche di «avere appreso direttamente da Alessandro Alleruzzo» che era stato lui ad «avere ucciso la sorella, sporcandosi di sangue e terra per averla dovuta trascinare, per riscattare l’onore della famiglia».
Il collaboratore Farina ha aggiunto che «tra gli amanti di Nunzia Alleruzzo c’era anche Giovanni Messina, componente del gruppo che aveva ucciso la madre della donna e che pensava di uccidere suo fratello Alessandro».
Alla riapertura dell’inchiesta, all’inizio di quest’anno, la Dda di Catania ha disposto intercettazioni nella cella del carcere di Asti dove erano detenuti Messina e Salvatore Assinnata, che commentando articoli di stampa che riportavano la notizia delle indagini dei carabinieri affermavano: «… Alessandro è il mandante, l’ammazzau…» («Alessando è il mandante, l’ha uccisa»).