venerdì, Novembre 22, 2024

Capri Leone: incendiò l’auto di un maresciallo dei carabinieri, rideterminata la pena in appello

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E’ stata rideterminata la pena ad un anno e quattro mesi di reclusione per il reato di incendio, confermando il risarcimento dei danni alle parti civili costituite in giudizio; nel contempo è stata disposta l’assoluzione perché il fatto non sussiste dal reato di violenza a pubblico ufficiale e la restituzione dell’auto all’imputato.

Questo il verdetto emesso il 30 settembre scorso dalla Corte d’Appello di Messina, presidente Blatti, a latere Sagone e Orlando, a carico di un cinquantenne di Galati Mamertino, difeso dall’avvocato Nunziatina Armeli.

Secondo l’accusa, per fatti avvenuti a Capri Leone  il 31 dicembre 2018, avrebbe appiccato il fuoco all’auto di un maresciallo dei carabinieri. Era imputato di incendio e violenza a pubblico ufficiale.

I carabinieri, nell’immediatezza dei fatti, verificarono dalle immagini di videosorveglianza che le fiamme erano state appiccate da un uomo, con indosso un giubbino con un cappuccio che ricopriva il volto. Fu individuato due ore dopo i fatti e sulla sua auto fu ritrovato un giubbino simile a quello evidenziato nelle immagini della videosorveglianza, alcuni accendini e residui di diavolina. Due giorni dopo i fatti l’uomo confessò e riferì inoltre di sentirsi perseguitato dal maresciallo.

In primo grado, il 24 maggio 2021, il giudice monocratico del tribunale di Patti, dopo il rito abbreviato, lo condannò a due anni di reclusione ed il risarcimento danni alle parti civili costituite in giudizio. Il difensore dell’imputato, l’avvocato Nunziatina Armeli, formulando appello, chiese l’assoluzione dal reato di violenza a pubblico ufficiale, la concessione delle attenuanti generiche, visto che l’imputato aveva ammesso le sue responsabilità ed il dissequestro della sua auto.

In secondo grado, i giudici hanno accolto le richieste della difesa, disponendo l’assoluzione dalla violenza a pubblico ufficiale e la restituzione dell’auto, ma non hanno concesso le attenuanti generiche, ritenendo che, per quanto l’imputato avesse confessato, tutti gli elementi raccolti prima della sua confessione, provavano già la sua colpevolezza.

A questo punto non resta che il ricorso in Cassazione. L’avvocato Armeli valuterà ora se proporre ricorso alla Suprema Corte per violazione di legge, vista la mancata concessione delle attenuanti generiche, verificata la spontanea e ampia confessione resa dall’imputato nell’immediatezza dei fatti.

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