Il Tribunale di Patti ha messo la parola fine, con la condanna penale ed anche un cospicuo risarcimento dei danni al processo che vedeva alla sbarra due promotori finanziari che operavano sui Nebrodi. Ma la vicenda ha anche altre chiavi di lettura.
L’aspetto giudiziario.
Il giudice ha accolto le tesi degli avvocati che difendevano le parti offese Sabrina Ligato e Salvatore Cipriano (nella foto), dichiarando i due operatori finanziari responsabili del reato loro ascritto. La condanna prevede un anno ed un mese di reclusione ed € 1.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
La condanna prevede inoltre il risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede ed al pagamento in solido di una provvisionale liquidata in e 28.000,00, oltre alla refusione in solido delle spese processuali, in favore della medesima parte civile.
Cade per avvenuta prescrizione una parte dell’accusa ai danni di un secondo soggetto, coinvolto, e questo ridimensiona anche la condanna, con il non doversi procedere, nei confronti di uno dei due agenti finanziari (incensurato).
La storia giudiziaria vede intrecciarsi, rapporti umani, vicende personali, poco conoscenza degli iter degli investimenti finanziari – un mercato spesso oscuro e che alletta tanti con il miraggio di facili guadagni ” senza rischi”, ma anche fiducia mal riposta, consegna di password e libero accesso alle caselle personali di posta elettronica.
Gli avvocati delle parti civili hanno sviluppato la difesa, sui principi, che si leggono nella sentenza e che vedono “affermarsi che nella ipotesi di truffa portata a termine da promotori finanziari attraverso la vendita di prodotti di borsa senza alcuna informazione dei rischi, quando il promotore abbia omesso di indicare la tipologia dell’investimento ed il grado del rischio, il reato di truffa si consuma non al solo momento della percezione da parte del promotore della provvigione bensì a quello, ove successivo, dell’accredito delle somme sui conti correnti delle. vittime, depauperate dalle perdite”.
Nel caso di specie, dalla documentazione acquisita, agli atti del processo, segnatamente dal “rendiconto attività gennaio 1, 2014- dicembre 31, 2014” relativo al conto bancario intestato ad una delle “vittime” emerge che se al 31.12.2013, il suddetto conto registrava un valore netto del patrimonio totale pari ad E 10.805,00, al successivo 31.12.2014, il medesimo conto registrava un totale pari ad E 6,90 ed una variazione pari al -99,99%. Ossia, in esito alle operazioni del 2014 effettuate dagli imputati sul conto, le perdite erano pari al 99,99% del totale.
Tra quello che è emerso dal dibattimento viene fuori che uno dei soggetti che hanno promosso la causa, un normale impiegato, aveva investito sulla piattaforma quelli che erano i risparmi del suo lavoro.
L’altro soggetto aveva investito quanto aveva ricevuto a fronte di un risarcimento da parte di un’assicurazione , per un danno subito nel 2009, e si era lasciato persuadere dagli imputati ad investire una somma importante, con la prospettiva di ottimi rendimenti.
la necessita di un codice etico
La frode o il raggiro, che spesso viene fuori anche da una sorta di millantato credito, non è un’invenzione di un’epoca precisa, semplicemente appartiene all’uomo e come tale si potrebbe pensare che lo continuerà ad accompagnare nel corso della storia.
Ma quando coinvolgono fiducia, rapporti di conoscenza o amicali, gli effetti diventano devastanti e non solo sulla stabilità economico-finanziaria dei soggetti che subiscono il raggiro.
Non si devono compiere gli errori del passato permettendo di sfruttare l’ingenuità e l’ignoranza che spesso agevolano il percorso che porta alla truffa, alla perdita del denaro, ai crollo dei “sogni”.
Affidarsi è bene, ma fidarsi troppo spesso non conviene.
Massimo Scaffidi