90 condanne e 11 tra assoluzioni e non luogo a procedere, per un totale complessivo di oltre 600 anni di carcere. Questo in sintesi il dispositivo della sentenza di primo grado letto ieri sera, 31 ottobre, poco dopo le 23.00 al Tribunale di Patti, a conclusione del primo grado di giudizio del maxi processo Nebrodi. Confiscati beni per 4 milioni di euro.
Il collegio giudicante del tribunale di Patti, presidente Scavuzzo, a latere Vona e La Spada, ha pronunciato la sentenza in una cinquantina di minuti. Il processo era iniziato il 2 marzo 2021. Alla sbarra 101 imputati. I giudici si erano ritirati in camera di consiglio lunedì 24 ottobre scorso.
In aula questa sera il Procuratore Aggiunto Vito Di Giorgio e i sostituti della DDA Fabrizio Monaco, Antonio Carchietti e Francesco Massara.
Regge l’impianto accusatorio per quel che riguarda i capi di imputazione più significativi sui presunti “capi” del clan dei Batanesi; non riconosciuta invece l’associazione a delinquere per i Bontempo Scavo. Una sentenza piuttosto complessa, quella pronunciata dalla corte: la lettura è durata quasi un’ora. Tra gli altri, dimezzata la pena chiesta per l’ex sindaco di Tortorici Emanuele Galati Sardo, che è stato condannato a 6 anni e due mesi di reclusione, contro i 12 e 9 mesi richiesti dall’accusa.
Ricordiamo che il maxiprocesso scaturisce dall’operazione del 15 gennaio 2020 denominata “Nebrodi” con 94 arresti e il sequestro di 151 aziende agricole per mafia, una delle più vaste operazioni antimafia eseguite in Sicilia e la più imponente, sul versante dei Fondi Europei dell’Agricoltura in mano alle mafie, mai eseguita in Italia e all’Estero. Un meccanismo interrotto dal “Protocollo Antoci” poi recepito nei tre cardini del Nuovo Codice Antimafia e votato in Parlamento il 27 settembre 2015.
La Procura aveva chiesto pesanti condanne lo luglio scorso per un totale di 1045 anni di carcere e 30 milioni di euro di confische. Il dibattimento si è di fatto celebrato in tempi record, con un grande lavoro svolto dal Tribunale presieduto dal dott. Ugo Scavuzzo e dalla Procura guidata fino a pochi giorni fa da Maurizio De Lucia, oggi Procuratore di Palermo.
In aula Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi e promotore del protocollo. «E’ un momento importante. Abbiamo fatto quello che andava fatto, abbiamo superato il silenzio e abbiamo fatto capire che i fondi europei dovevano andare solo alle persone per bene e non ai capimafia».
Lo ha detto Giuseppe Antoci subito dopo la lettura della sentenza che ha concluso il cosiddetto Maxiprocesso alla mafia dei Nebrodi. Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi, ha denunciato gli interessi dei clan messinesi sui fondi europei.
«La lotta alla mafia non si può fare solo con la repressione ma va fatta ogni giorno. Quest’aula – ha proseguito Antoci – ha dato un segnale di libertà, di dignità. Ho ascoltato più di seicento anni di carcere, queste condanne mi addolorano perché se si riflette non è una vittoria quando le persone vanno in carcere, forse la società ha bisogno di cambiare culturalmente. La lotta alla mafia non si può solamente fare con la repressione e con le condanne, ma ogni giorno e la possono fare tutti. Questa esperienza dimostra che da un piccolo territorio nasce un protocollo di legalità che viene firmato da tutti i prefetti della Sicilia che diventa legge dello Stato nel 2017 che la commissione europea considera tra gli strumenti più importanti di lotta alla mafia sui fondi europei per l’agricoltura. Se questo è stato fatto con dignità e onestà con piccoli passi da persone che hanno ritenuto di poter fare il loro dovere, penso che il segnale che passi è che tutti lo possono fare perché se ognuno fa il proprio dovere avremo sempre meno processi».
«Le truffe sono state riconosciute per buona parte. Resta il fatto che su quella parte di territorio della provincia di Messina hanno costituito la principale fonte di arricchimento sia del gruppo mafioso dei Batanesi sia del gruppo dei Bontempo Scavo, ma teniamo conto che è solo la sentenza di primo grado». Così il pm di Messina Vito Di Giorgio ha commentato la sentenza che ha condannato a 6 secoli di carcere esponenti dei clan dei Nebrodi.
«E’ stata riconosciuta la mafiosità dei Batanesi mentre per il gruppo dei Bontempo Scavo no», ha aggiunto. «E’ un dispositivo talmente complesso che va letto attentamente», ha concluso.
Anche l’attuale presidente del Parco dei Nebrodi Domenico Barbuzza ha rilasciato una dichiarazione: “Con la sentenza odierna, che conclude la colossale nchiesta antimafia condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, non posso che congratularmi con tutti coloro che – a vario titolo – hanno contribuito all’esito odierno che ha inferto un duro colpo al lucroso business delle truffe ai fondi comunitari destinati ai pascoli e all’agricoltura.
Da questo momento l’auspicio è che parlare di Nebrodi evidenzi le bellezze naturalistiche che hanno dato vita all’istituzione dell’omonimo Parco regionale, la laboriosità della popolazione residente, il desiderio di dar vita a progetti di sviluppo da parte dei giovani commenta Domenico Barbuzza, Presidente dell’Ente Parco. Il desiderio unanime è di veder riconosciuto questo territorio come fucina di operosità e collaborazione con l’Ente, guida del comprensorio: la ripartenza che vogliamo vede al primo posto la tutela dei valori naturali dell’area protetta” conclude il Presidente.
A curare la costituzione di parte civile dell’Ente Parco al processo l’avvocato Salvatore Meli.