Il ricorso è irricevibile e dunque il comune di Mirto dovrà pagare oltre 12 mila euro alla Regione. Questo il responso della sentenza emessa dai giudici della seconda sezione del Tar di Catania sul ricorso proposto dal comune di Mirto contro l’assessorato regionale della famiglia, politiche sociali e lavoro.
Il comune di Mirto, rappresentato dall’avvocato Maria Rosa Lo Sardo, aveva chiesto l’annullamento del decreto 633 del 7 ottobre 2008, con il quale l’assessorato ha disposto a carico del comune l’addebito di 12.812,00 euro a saldo della gestione di un cantiere di lavoro per operai disoccupati per un importo di 109.805.154 lire.
I lavori riguardarono la sistemazione e la pavimentazione della via Costanzo e la manutenzione di una strada esterna al centro abitato in contrada Facciocapri. Il 24 marzo 1990 al comune fu anticipato il 90% del finanziamento concesso; i lavori sono iniziati il 24 luglio 1990 e completati il 23 marzo 1991, previa realizzazione di una variante approvata il 14 marzo 1991. Il collaudo delle opere fu effettuato il 2 settembre 1998 e nella stessa data venne redatta la nota di revisione amministrativo contabile.
In esito all’esame della documentazione a corredo del rendiconto del cantiere l’assessorato non ha riconosciuto la somma di 11.519,09 euro e il 16 settembre 2005 comunicò al comune l’avvio del procedimento.
Il comune ha contestato quanto comunicato dall’assessorato, lamentando la prescrizione del credito e l’eccesso di potere per irragionevolezza, difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento impugnato.
Respinta la richiesta di sospensiva, con memoria del 29 agosto 2022 la Regione ha insistito per il rigetto del ricorso, eccependone preliminarmente l’inammissibilità per difetto di giurisdizione.
A prescindere dalle posizioni evidenziate dalle parti, per i giudici del Tar il ricorso è irricevibile, perché “dalla documentazione agli atti, risulta che la notifica si perfezionò l’11 dicembre 2008, mentre il ricorso è stato depositato solo mercoledì 14 gennaio 2009 e dunque oltre il termine di 30 giorni prescritto dalla legge”