In questi giorni sta facendo scalpore sui Social Network, la notizia di una famiglia finlandese che ha deciso di “scappare” dalla Sicilia.
“Sistema scolastico carente, approcci all’educazione obsoleti fanno del sistema scolastico italiano un sistema molto poco europeo”, ha raccontato la madre Elin Mattsson tramite una lettera inviata al sito SiracusaNews.
La donna, una pittrice di 42 anni, madre di 4 figli, aveva scelto col marito di vivere in Sicilia, a Siracusa, lavorando in smart working. La famiglia, attratta dal clima mite e dal patrimonio culturale della Sicilia, si rammarica dei problemi vissuti a scuola dai ragazzi.
“Volevamo sperimentare il vostro clima e la vostra cultura fantastici, ma purtroppo il nostro soggiorno non è andato come previsto”, scrive la donna all’inizio della sua missiva.
“Il sistema scolastico è così povero. – continua la donna – I miei dubbi sono iniziati dal primo giorno che ho messo piede a scuola per l’iscrizione: il rumore delle classi era così forte che mi chiesi come diavolo fosse possibile concentrarsi con quel frastuono”.
Altra criticità considerata insopportabile dalla pittrice è la carenza di attività ludiche e motorie per gli alunni tra una lezione e l’altra. “In Finlandia, gli studenti hanno una pausa di 15 minuti tra una lezione e l’altra, e lasciano l’aula per giocare insieme nel giardino/patio”, mentre in Italia “la giornata scolastica si trascorre sulla stessa sedia dalla mattina fino a quando non si ritorna a casa”, senza considerare gli effetti molto positivi che il movimento all’aria aperta comporta per i bambini, sia in termini di salute che dal punto di vista dei risultati scolastici.”
La critica al sistema scolastico potrebbe pure starci. Potrebbe essere una buona scusa per riformare il sistema; ma perché indignarsi, gridare allo scandalo, urlare contro noi stessi per una lettera di una madre finlandese, che per puro caso ha deciso di voler soggiornare qualche tempo in Sicilia, senza conoscere gli usi, i costumi, le tradizioni locali, finanche le problematiche?
Anche nell’era della globalizzazione, fortunatamente non siamo tutti uguali. Lanciarsi in un’invettiva contro la Sicilia, venendo poi riportata da diversi siti illustri, ha fatto della madre finlandese una vera e propria icona. Ma a che pro? Un’indignazione collettiva in difesa di una donna viziata, che adesso porterà i figli a scuola in Spagna (ecchissene…?).
In Sicilia ci sono tante belle realtà scolastiche importanti, eccellenze in ogni campo; che ci siano problemi non c’è bisogno neanche di sottolinearlo: nessuno meglio di noi italiani conosce i difetti e le contraddizioni del nostro paese. Che voglia venire a spiegarcelo qualcuno che non conosce le dinamiche di una popolazione, senza la ben che minima voglia di concepire un cambiamento, è davvero inaccettabile, senza essere tacciati di patriottismo.
Perché dare così tanta risonanza ad una missiva? Il brutto (o il bello) dei social network è proprio questo: che ognuno crede di essere in grado di spiegare la vita degli altri. L’errore più grande che si possa fare è riportare queste parole tronfie, di superiorità, senza neanche provare a sentire l’altra campana, chi quella realtà la vive: preside, insegnanti, alunni della scuola di Siracusa, che sicuramente si saranno sentiti mortificati. La loro colpa (se di colpa di può parlare) quale sarebbe? Vivere in Italia? In Sicilia?
Il tam-tam mediatico porterà sicuramente a farsi qualche domanda, ma alla fine tutto resterà com’è. La Sicilia sarà pur sempre la “Terra dei Gattopardi”, ma di certo non abbiamo bisogno di lezioni di vita da chicchessia, figurarsi da qualcuno che scappa alla prima difficoltà.