La Provincia di Messina si conferma hub per le diverse organizzazioni mafiose e il suo tessuto criminale ha caratteristiche diverse a seconda dell’area geografica e dell’influenza sul territorio provinciale degli storici gruppi mafiosi dell’Isola.
Questo emerge dalla relazione per il primo semestre 2022 della Direzione Investigativa Antimafia, presentata dal Ministro dell’Interno Matteo Pintedosi al Parlamento. Dall’analisi dell’evoluzione delle organizzazioni di stampo mafioso e delle loro dinamiche criminali su tutto il territorio nazionale, emerge una mafia sempre più capace di intessere relazioni internazionali con altri gruppi criminali, di allestire più raffinate strategie di infiltrazione dell’economia legale, con la complicità di professionisti e istituzioni; indossando la maschera di un più basso profilo di esposizione, proprio per l’apparente e meno evidente pericolosità, sono ancora più insidiose.
Per quanto riguarda la provincia di Messina, la foto scattata per il semestre restituisce un quadro piuttosto consolidato nel tempo, dove nell’area nord ovest i gruppi criminali assomigliano per organizzazione e modus operandi a cosa nostra palermitana, mentre la zona jonica risente dell’influenza della criminalità organizzata etnea. Oltre alle ingerenze della mafia nelle dinamiche elettorali e politiche locali e nella macchina amministrativa di alcuni enti, emerge l’attualità di convergenze criminali tra sodalizi messinesi e ‘ndrine calabresi, prevalentemente nel traffico di droga.
La Calabria rappresenta per le consorterie peloritane il canale preferito di approvvigionamento di droga da immettere nelle locali piazze di spaccio. Per quanto attiene alla ripartizione delle aree d’influenza dei gruppi messinesi, nella parte settentrionale della provincia continuerebbe ad operare la c.d. “famiglia barcellonese”, con i gruppi dei “Barcellonesi”, dei “Mazzarroti”, di “Milazzo” e di “Terme Vigliatore”. Un sodalizio fortemente radicato che ha evidenziato nel tempo una marcata capacità di riorganizzazione, confermata dai risultati di 3 attività investigative concluse dai Carabinieri il 22 febbraio 2022 con l’esecuzione di 86 misure cautelari personali e reali. Nell’inchiesta “Alleanza” è stata ricostruita la struttura e gli assetti della famiglia mafiosa barcellonese e svelato l’intento di costituire un’unica regia con la disponibilità di armi, che puntava al monopolio del territorio nella gestione delle attività illecite: estorsioni anche in danno di locali notturni, business della prostituzione e dello spaccio, bische clandestine e l’ infiltrazione dell’economia legale, in particolare, nel settore dell’ortofrutta in cui la consorteria si sarebbe inserita tramite imprese fittiziamente intestate a terzi.
L’indagine “Furia”, ha invece appurato l’operatività di 2 gruppi criminali riconducibili al sodalizio barcellonese dediti allo spaccio sulle coste tirrenica e ionica mentre l’inchiesta “Montanari” ha messo in luce la filiera dello spaccio di droga nell’area di Milazzo e nelle Isole Eolie dove avrebbero operato 2 autonomi gruppi criminali, sempre riconducibili ai barcellonesi.
Sui Nebrodi risulterebbero radicati i sodalizi di “tortoriciani”, “batanesi”, “brontesi” e la famiglia di Mistretta. Quest’ultima, ritenuta legata al mandamento palermitano di San Mauro Castelverde, influenzerebbe l’area confinante con la provincia di Palermo ed Enna.
Le consorterie mafiose riconducibili al comprensorio di Tortorici e, in particolare, quelle dei “tortoriciani” e dei “batanesi” trarrebbero rilevanti quote di profitti dall’illecito accaparramento dei finanziamenti pubblici destinati allo sviluppo agropastorale. Il loro consolidamento sul territorio, ancorché indebolito dalle recenti condanne inflitte a taluni esponenti di vertice nell’ambito del procedimento “Nebrodi” e da sequestri, confische e misure di prevenzione, nei confronti di soggetti organici ai clan, rende tuttavia concreta la possibilità di una ritrovata vitalità.
La “fascia jonica”, infine, che va dalla periferia sud di Messina fino al confine con la provincia di Catania, continua ad essere area d’influenza delle organizzazioni mafiose etnee, soprattutto per lo spaccio di droga e il reinvestimento dei capitali di provenienza illecita.