giovedì, Settembre 19, 2024

Maternità surrogata e suicidio assistito: tra etica e diritto. Convegno a Messina – VIDEO

Messina

L’AMI Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani ha organizzato presso il Duomo Antico – Castello di Milazzo, un convegno su “Maternità surrogata e suicidio assistito, la dignità della famiglia umana tra etica, religione e diritto”. Di tutto rispetto i relatori: religiosi e laici che, partendo da posizioni diverse, hanno affrontato con grande professionalità, due tematiche che la legislazione italiana considera reato ma verso le quali, la classe politica dovrebbe cominciare seriamente a dedicare attenzione anche in modo da dare risposte a coloro che chiedono il riconoscimento di alcuni diritti giusti o sbagliati, non spetta a noi giudicare.

Alcune relazioni familiari rischiano di naufragare in quanto la coppia pensa di aver fallito il suo progetto, non è riuscita ad avere figli che rappresentano il naturale completamento, per chi crede, sul modello della famiglia di Nazareth. Mancando questa aspettativa, alcuni guardano come ultima ratio, alla maternità surrogata. Una donna che per motivi diversi, si mette a disposizione per condurre una gravidanza, fino al parto, il tutto per conto di coppie o anche di singoli, che non possono avere figli. In Italia, a differenza di altri Stati, la maternità surrogata è vietata così come riportato nell’articolo 12, comma 6, della legge 40/2004.

Il legislatore, ha previsto che i trasgressori rischiano la reclusione da tre a due anni e una multa da 600 mila a un milione di euro. Un utero in affitto, disponibile a ricevere la cellula gametica di un uomo probabilmente mai conosciuto, spesso viene messo a disposizione da donne che si trovano in condizioni economiche disagiate che, accettano un accordo/contratto ricordiamo illegale, che porta la madre surrogata a diventare oggetto e non soggetto consapevole e responsabile.  Non essendo una pratica prevista dalla legge, molti italiani si rivolgono a paesi stranieri dove la maternità surrogata è consentita. I problemi scaturiscono nel momento in cui bisogna dare legittimazione al nascituro registrandone la venuta al mondo. Essendo la normativa carente, i giudici sicuramente valutano le singole situazioni solo nell’interesse del minore. Dal punto di vista etico, la procreazione assistita è vista come una mercificazione del corpo femminile, una accentuazione delle disuguaglianze economiche e sociali; i nascituri però, sono persone che hanno diritti che nessuno si può permettere di negare.

Non è semplice trovare il giusto equilibrio tra posizioni diametralmente opposte ma, al tempo stesso, non si può mettere la testa sotto terra; questa è una tematica che merita responsabilità politica per colmare le lacune della legge. Altro aspetto interessante del convegno, il suicidio assistito che ha risvolti giuridici di un certo tipo, tra l’altro, non esiste una legge che si occupa del fine vita. In Italia l’eutanasia è illegale motivo per il quale, non è possibile chiedere a qualcun di procurare la propria morte. Qualunque tipo di malattia, anche quella terminale, non può risolversi staccando le macchine che permettono al paziente di rimanere in vita o facendo uso della sedazione. In Italia ci sono state persone che hanno fatto ricorso al suicidio assistito recandosi in Svizzera. A tal proposito, collegato da remoto, Marco Cappato dell’Associazione Luca Coscione e promotore della campagna “Eutanasia” legale.

Si è parlato di li soprattutto quando nel febbraio del 2017, ha accompagnato in Svizzera Fabiano Antoniani, meglio conosciuto come Dj Fabo che, a seguito di un incidente, era diventato paraplegico e cieco, per sottoporsi al suicidio assistito. Cappato accusato di istigazione al suicidio, nel 2018 è stato assolto parzialmente infatti, per la parte di aiuto al suicidio, la Corte di Assise di Milano ha emesso un’ordinanza trasferendo alla Consulta il giudizio di costituzionalità dell’art. 580 del codice penale. La Corte Costituzionale ha invitato il Parlamento di intervenire anche per dare adeguate tutele legislative correlate al dettato costituzionale. Naturalmente il Parlamento non ha fatto nulla e, la Corte di Assise di Milano nel 2019 ha definitivamente assolto Marco Cappato perché il fatto non sussiste. Fermo restando le posizioni di ciascuno, spesso il Parlamento non vuole assumersi le sue responsabilità, lasciando alla libera interpretazione dei giudici, situazione che investono i diritti delle persone. Cappato ha esposto il suo punto di vista in ordine al suicidio assistito parlando anche della sua esperienze e della disobbedienza civile.

Gianni Baldini Presidente AMI della Toscana e Docente di Biodiritto all’Università di Siena, ha affermato che “maternità surrogata e suicidio assistito, sono due delle questioni più divisive e più controverse nell’ambito della riflessione attuale sia tra i giuristi i bioeticisti; declinare questi due temi guardando a quella che è oggi la famiglia è un campito arduo”. Baldini ha detto e si è chiesto “quale famiglia rappresenta la maternità surrogata, al di là di come si possa pensare sotto il profilo etico? ancora, la modalità attraverso la quale una coppia dove la donna non può procreare per ragioni attinenti il suo stato di salute, ricorre ad un’altra donna per poterlo fare e nasce un bambino, la dignità della famiglia umana subisce una mortificazione?”. In uno schema così semplice, prosegue Baldini, “ci sono degli interrogativi ai quali è difficile dare una risposta”. Ne cita alcuni: “la donna che metta a disposizione il proprio corpo lo fa per soldi? Lo fa perché è una sorella, un’amica quindi per ragioni solidali?”. Ma Baldini va avanti considerando anche “due uomini uniti civilmente che costituiscono una famiglia, ricorrono ad una madre surrogata per poter procreare, lo fanno certamente per realizzare un progetto di famiglia”. Baldini anche in questo caso pone alcuni interrogativi: “la donna che si presta a partorire, lo fa gratuitamente? per spirito di solidarietà? perché si trova in una necessità economica?” In questo caso, dichiara Baldini, “si apre il problema dello sfruttamento”.

Baldini afferma che “non bisogna giudicare coloro che fanno ricorso alla maternità surrogata perché è un fenomeno troppo articolato per essere drammatizzato o schiacciato in un’unica prospettiva”. Baldini, da giurista dichiara che, “qualunque sia la tipologia di madre surrogata, nascono dei bambini e lo fanno legalmente perché nei paesi dove la pratica è consentita e dove tanti italiani vanno, i bambini non hanno colpa e devono essere garantiti”. Rispetto a tutto questo, dichiara Baldini, “c’è un vuoto normativo nel sistema italiano, un vuoto che non può essere riempito dal giudizio etico. L’etica è qualcosa di diverso, sta in un’altra sfera, il diritto si deve occupare di garantire, di dare diritti a chi non ha nessuna responsabilità”.

Tornando all’interrogativo iniziale: “Quale Famiglia?” Baldini conclude affermando che “quello che conta veramente per essere buoni genitori è prendersi cura dei bambini ed essere per i figli un riferimento importante e credibile”. Antonio Astone Associato di Diritto Privato e Diritto Civile Minorile all’Università di Messina, si domanda se “l’impostazione rigorista del sistema giuridico italiano, possa ritenersi attuale alla luce dell’evoluzione dei sistemi delle altre esperienze giuridiche dell’Europa Orientale, culturalmente affini alle nostre”. In alcune di esse, dice Astone, “esiste una differenziazione che consente di mitigare la impostazione rigorista; infatti, l’ultima sentenza della Corte di Cassazione sembra un po’ tranciante, nel senso che elimina la possibilità di ricorrere, come si fa in altri paesi, alla distinzione tra una surrogazione commerciale ed una surrogazione altruistica”. C’è un vuoto normativo prosegue Astone, che “viene denunciato dai Supremi Organi Giurisdizionali: la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione”. Occorre, conclude Astone, “indicare delle linee guida per verificare qual è la traiettoria assiologica che il legislatore dovrebbe o potrebbe seguire”.

Rosa Amaddeo Responsabile Territoriale AMI sezione territoriale di Barcellona P.G., organizzatrice del Convegno, “ha parlato del suicidio assistito lasciando al solo giudizio personale la possibilità di pensare quale possa essere la strada più giusta; dal unto di vista sociale, è una pratica da seguire, mentre per l’etica religiosa la vita è sacra e nessuno si può arrogare il diritto di toglierla”. L’Amaddeo dichiara che “qualche anno fa era contraria al suicidio assistito poi, quando ha incontrato Marco Cappato, ha cominciato a valutare la libertà di porre fine ad una vita non più vivibile”. Nessuno può permettersi di togliere la vita ad un altro, prosegue la Amaddeo, “però, se di fatto chi è titolare della propria vita, chi vive una esistenza in determinate condizioni vegetative, forse sarebbe giusto lasciagli la possibilità di decidere”.

Mentre per quanto riguarda la maternità surrogata, la Amaddeo si dichiara “totalmente contraria sia come donna che come madre poiché, i figli sono un dono di Dio è diventa mortificante mettere a disposizione il proprio corpo per una gestazione che appartiene ad altre persone”. Don Giovanni Russo Ordinario di Bioetica e Direttore dell’Istituto Teologico S. Tommaso di Messina, parlando di maternità surrogata “fa riferimento all’impostazione classica del mondo occidentale che ha abituato a comprendere una vita nascente all’interno di una famiglia formata da un uomo e da una donna che vivono stabilmente insieme”. Le persone coinvolte nella maternità surrogata, prosegue don Russo, sono diverse, “in quanto non solo la coppia che può non essere etero ma potrebbe anche essere una coppia omo”.

Per questo motivo, dice don Russo, “si configurano situazioni piuttosto complesse; nella maternità surrogata, c’è una separazione che in natura non esiste tra madre biologica che ha portato in grembo il nascituro, e madre genetica che ho messo a disposizione l’ovulo entrambe, sono due madri, tanto è vero che la normativa giuridica in tutto in mondo, tende a far prevalere il diritto della donna che porta il bambino in grembo se vuole non consegnarlo”. Don Russo ritiene che “quasi sempre, nella maternità surrogata l’utero non è in prestito ma in affitto quindi si evidenzia un mercificare il proprio corpo”. La situazione etica, afferma don Russo, “non è solo una questione di principi, questi sono fatti per essere studiati sui libri, invece le situazioni vanno applicate e ci sono dei bambini che nascono in questo contesto”. Per la maternità surrogata, dichiara don Russo, “occorre la procreazione assistita in vitro la cui percentuale di successo è molto modesta, quando va benissimo si parla di circa il 30%; vuol dire che tutti gli altri embrioni sono stati persi, sono andati in aborto spontaneo, quindi uno spreco notevole di vite”. Le questioni etiche afferma don Russo, “non sono legate solo ad una visione religiosa, conservativa, progressista, liberale, ma toccano le persone soprattutto quelle vulnerabili come possono essere i bambini”.

Per quanto riguarda il suicidio assistito, don Russo si sofferma sul fatto che “tutto il mondo si fonda su un principio che non è solo etico ma, costituzionale, giuridico, per cui, la vita è intangibile, inviolabile, e indisponibile in tutti i casi”. Nessuno, prosegue don Russo, “può disporre della vita non solo degli altri ma anche della sua; su questo principio non c’è pluralità di visione, non c’è tolleranza”

.Il rettore don Russo a tal proposito, cita Kant filosofo liberale, il quale affermava che “togliendo la vita, si toglie anche la morale quindi una contraddizione in termini”. Concludendo, don Russo ritiene che “non si può giudicare i comportamenti di chi si trova in una condizione terminale di vita, bisogna giudicare solo la questione oggettiva cioè, questo fenomeno moralmente non si regge in piedi ma quel soggetto che lo ha fatto, merita tutta la comprensione perché nessuno può entrare nella vita e nella coscienza di un soggetto; la vita non si può toccare, ci sono valori assoluti e l’assolutezza del valore della vita è il primo assoluto morale che non ci consente di poterci muovere senza dire sto violando un principio unico”.

Antonio Saitta Ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Messina parlando di maternità surrogata ritiene che “sono due i temi da prendere in considerazione, uno riguarda l’ammissibilità cioè la possibilità che una donna presti il suo corpo per portare a compimento una gravidanza per un’altra donna, per un’altra coppia”. Tema molto divisivo afferma Saitta, “dove già ci sono delle pronunce importanti sia da parte della Corte Costituzionale che della Cassazione, che hanno giudicato la tecnica della maternità surrogata, come lesiva della dignità della donna e quindi la legge n. 40/2004 non è stata dichiarata incostituzionale”. In altri ordinamenti europei, dice Saitta, “questa tecnica è ammessa in casi particolari come ad esempio, quando il donatore è un congiunto della donna ad esempio una sorella”. L’altro tema, prosegue Saitta, molto più aperto a soluzioni, “riguarda la trascrizione degli atti di nascita di bambini nati all’estero con la tecnica della maternità surrogata. Bambini che non hanno scelto di nascere con questa modalità, ma che dal momento che sono venuti al mondo, devono avere gli stessi diritti di tutti gli altri bambini”.

Oggi non è così dichiara Saitta, “perché non è possibile trascrivere l’atto di nascita quando si tratta di bambini figli di coppie omosessuali e quindi, il legislatore consente solo la trascrizione solo uno dei due genitori”. La soluzione di tutelare al meglio il soggetto più debole, il bambino, dice Saitta, “dovrebbe essere il compito del legislatore il quale ha difficoltà a legiferare in materia di diritti; questo è uno dei limiti che ricorre da decenni in tutta Europa ma in Italia in modo particolare per cui alla fine, i giudici sia quelli comuni che quelli costituzionali, sono gravati dal compito di dare risposte che non spettano a loro”. I bambini ci sono, sono nati, dice Saitta, “ed è giusto che abbiano gli stessi diritti di qualsiasi altro bambino quindi, che siano riconosciuti come figli di entrambi i genitori sia di quello che ha dato il materiale biologico, che dell’altro genitore che ha partecipato solo intenzionalmente”. Questo non è un modo per incentivare la maternità surrogata dichiara Saitta, “quale che sia il giudizio morale, si tratta solo di dare una protezione in più al bambino perché se ha due genitori ha la possibilità di avere una doppia copertura legislativa come ad esempio, in materia di successione, di pensione di reversibilità”.

Se un genitore ha incoraggiato il proprio partener a fare ricorso alla maternità surrogata, conclude Saitta, “si deve assumere la responsabilità davanti alla legge e davanti al bambino”. Il legislatore farebbe bene a prendere coscienza di questa situazione e riconoscere gli stessi diritti a tutti i bambini perché non esistono bambini. Francesco Pira Associato di Sociologia all’Università di Messina ritiene che “i due temi del convegno, anche se sembrano distantissimi, in realtà convergono sul disagio sociale, sul momento di fragilità che si sta attraversando”. Occorre intanto interrogarsi, dice Pira, “sul ruolo della donna; da una parte quella che ha figli ma, non ha gli strumenti per continuare a lavorare, per poter essere parte attiva della società dall’altra, la donna che non è riuscita ad avere figli e viene considerata quasi inferiore” A questi due situazioni, dice Pira, “si aggiungono coppie che vogliono in qualche modo avere bambini e si affidano alla maternità surrogata con tutti i problemi di natura etica”. Su questi temi, dice Pira “occorre discutere perché la globalizzazione porta ad avere costantemente un numero incredibili di bambini che sono senza genitori, che non riescono nemmeno ad essere affidati, non adottati quindi, un sistema inceppato”. Dall’altra parte prosegue Pira, “il suicidio assistito di persone che ormai non vivono più e che quindi, in qualche modo, vogliono lasciar perdere questo pezzo di “vita non vita” che gli è rimasta”. Oltre l’aspetto etico, religioso, conclude Pira, “c’è un’altra situazione che bisogna considerare: nel mondo, ogni undici minuti, un adolescente si suicida. Da una parte persone che vogliono smettere di vivere perché sanno che il loro destino è segnato e dall’altra, persone che possono vivere potenzialmente ma che invece decidono di farla finita perché sono insoddisfatte perché sono fragili. Tutto questo deve far riflettere pensando ad un cambiamento epocale”.

Tematiche di difficile comprensione che mettono in luce una società troppo spesso distratta per riuscire a cogliere bisogni ed esigenze di coloro che vivono crisi sia fisiche che morali. La politica non riesce ad assumersi le proprie responsabilità legate al loro ruolo ed al compito che i cittadini gli hanno affidato. Un ginepraio dal quale uscirne non è facile ma,che va considerato non delegando sempre agli altri obblighi di carattere legislativo ed etico.

 

Salvo Saccà

Facebook
Twitter
WhatsApp