7 condanne per alcuni dei capi di imputazione, ma anche assoluzioni perché il fatto non sussiste e per non aver commesso il fatto, non luogo a procedere per 5 ipotesi di reato per difetto di querela, mentre la maggior parte dei reati contestati è stata dichiarata prescritta. Questa in sintesi la complessa sentenza che chiude il lungo processo di primo grado scaturito dall’operazione Gamma Interferon scattata nel 2016, letta in aula nel tardo pomeriggio di mercoledì 19 luglio.
Per quel che è rimasto in piedi dell’impianto accusatorio, il tribunale di Patti, presidente Ugo Scavuzzo a latere Eleonora Vona e Giovanna Ceccon, ha condannato, per alcuni capi d’imputazione, Agostino Ninone Tindaro Giacomo a 2 anni e sei mesi di reclusione e pagamento della multa di euro 2500; Borgia Biagio Salvatore a 4 anni e 3 mesi di reclusione e al pagamento della multa di euro 2500; Calcò Antonino detto Brik a 3 anni; Conti Mammamica Sebastiano, 3 anni e 3 mesi; Gioitta Nicolino, 4 anni e 6 mesi di reclusione e al pagamento della multa di euro 2500; Girbino Giovanni, 2 anni e 6 mesi e pagamento della multa di euro 2500; Musarra Salvatore, 3 anni di reclusione. Per altri capi di imputazione assolti perché il fatto non sussiste Borgia, Girbino, Gioitta e Agostino Ninone e per non aver commesso il fatto per Conti Mammamica. Condannati, inoltre, in solido al pagamento dei danni patiti dalla parti civili costituite – Asp di Messina, Parco dei Nebrodi, Associazione “Difesa Utenti Servizi Bancari e Finanziari”, Codacons e Associazione “Tribunale dei Consumatori” – da liquidarsi in separata sede, al pagamento delle spese di costituzione e difesa liquidate per ciascuna parte in 4.065 euro oltre spese generali, nonché al pagamento delle spese processuali e delle eventuali spese di custodia cautelare.
Inoltre per Borgia, Calcò, Gioitta Nicolino, Mammamica e Musarra disposta l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni.
Assolti perché il fatto non sussiste Vincenzo Saporito e Alberto Paterniti dall’accusa di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, Carmelo Galati Massaro e Fortunata Grasso per un capo di imputazione. Assolti per non aver commesso il fatto Vincenzo Maenza e Salvatore Artino Inferno per un capo d’accusa. Non luogo a procedere per difetto di querela per Giancarlo Fontana, Carmelo Ferraro, Carmelo Gioitta, Marco Mistretta, Carmelo Galati Massaro e Salvatore Artino Inferno. Gli imputati sono stati difesi dagli avvocati Antonio Di Francesco, Alessandro Pruiti, Giuseppe Scillia, Giuseppe Danna, Marilena Bonfiglio, Nicoletta Calanni Macchio, Salvatore Giannone, Santino Trovato, Sebastiano Calcò.
L’inchiesta, condotta dai poliziotti del commissariato di Sant’Agata di Militello e dalla squadra mobile di Messina riguardava una presunta filiera parallela e illegale di produzione di carni nel comprensorio nebroideo in cui sarebbero stati coinvolti allevatori locali, macellai e medici veterinari, in servizio all’ASP di Sant’Agata Militello.
I reati ipotizzati e contestati a vario titolo andavano dall’associazione a delinquere, contestata a 22 persone e dichiarata prescritta per tutti tranne che per Borgia e Gioitta, ritenuti gli organizzatori, dall’abigeato e maltrattamenti di animali, dalla somministrazione senza alcun controllo medico di famaci ai capi di bestiame, alle macellazioni clandestine e alle false certificazioni nei controlli degli animali, le cui carni, non idonee al consumo umano, sarebbero poi finite sulle tavole dei consumatori.
L’indagine aveva portato ad iscrivere nel registro degli indagati una cinquantina di persone, con 33 misure cautelari eseguite. 41 furono poi rinviate a giudizio per oltre 120 di capi di imputazione. A marzo scorso nella sua requisitoria il PM Federica Urban aveva chiesto la condanna per 30 di loro, per i quali erano rimasti in piedi 39 su 127 dei capi d’accusa, mentre per nove posizioni il PM aveva chiesto il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, così come per due imputati che nel frattempo sono deceduti. Le pene richieste andavano da 8 anni ad 8 mesi di reclusione.