Enrico Maria Artale, giovane con origini in provincia di Messina, tra Ficarra e Capo d’Orlando è il vincitore del Premio Orizzonti per la migliore sceneggiatura del film El Paraiso da lui stesso diretto alla Mostra del cinema di Venezia 2023. E’ la storia di un intenso rapporto madre e figlio, prodotta da Ascent Film, Young Film e Rai Cinema e uscirà nelle sale prossimamente con I Wonder. Protagonisti sono Edoardo Pesce e la colombiana Margherita Rosa De Francisco.
Tra i primi a complimentarsi col il giovane regista è stato Gaetano Artale, avvocato e già sindaco di Ficarra.
Parlando del premio Gaetano Artale evidenzia: “Sono veramente felice per l’importante riconoscimento assegnato a Enrico Maria Artale alla Biennale Cinema di Venezia 2023. Mi sono commosso, in particolare, per la dedica alla madre, per il suo atteggiarsi composto nel momento della premiazione, per la sua eleganza e per le parole misurate benché colme di emozione e di sentimento che ha saputo pronunciare. Un amore coraggioso, non convenzionale ma allo stesso tempo retaggio di cultura, valori ed educazione antichi, ce lo ha regalato e lui, fra l’altro, protagonista fra i protagonisti di un evento di risonanza internazionale, è riuscito a rendere, con stile, nei pochi secondi a sua disposizione, un forte tributo d’amore”.
Enrico Maria Artale (classe 1984) si è laureato in Estetica ed è diplomato in regia presso il Centro Sperimentale di Cinematografia. Ha scritto e diretto numerosi cortometraggi, vincitori di numerosi premi a livello internazionale. Con Il respiro dell’arco ha vinto il Nastro d’Argento al Miglior Cortometraggio nel 2012, ed è stato inserito nel programma di alta formazione Hollywood Filmasters organizzato da Universal Pictures a Los Angeles. Nel 2013 ha presentato il suo primo lungometraggio, Il terzo tempo, alla 70°Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione Orizzonti, dove ha ottenuto il Premio Pasinetti Opera Prima assegnato dal SNGCI. Il film è stato prodotto da Aurelio De Laurentiis e distribuito da Universal Pictures Italy. Negli anni successivi ha diretto due serie di documentari per Sky Arte, e ha realizzato il film documentario Saro, presentato in concorso al 34° Torino Film Festival, vincitore del premio come miglior documentario italiano, successivamente nominato al David di Donatello 2018.
Parallelamente ha iniziato a lavorare nel campo della serialità televisiva, firmando la regia di 4 episodi della serie thriller Sanctuary, prodotta da YellowBird Entertaninment e Canal Plus Poland, distribuita da Studiocanal. La serie, girata in lingua inglese, è stata trasmessa in più di dieci paesi da emittenti quali HBO e Starz, e vede nel cast attori come Josefin Asplund e Matthew Modine. Nel 2019 è stato impegnato nelle riprese di Romulus, una serie-tv sulla leggenda della fondazione di Roma, creata da Matteo Rovere e prodotta da Groenlandia, Cattleya e ITV UK, che si occuperà della distribuzione internazionale. La serie sarà trasmessa in Italia su Sky Atlantic alla fine del 2020. I suoi lavori sono stati presentati in più di venti paesi diversi, e in numerosi festival internazionali tra cui Venezia, Locarno, New York, AFI, Chicago, Valladolid, Tel Aviv, Melbourne, Camerimages.
Ora arriva questo prestigioso riconoscimento che premia la sua professionalità ed il “suo crederci”.
Chapeau.
EL PARAÍSO
Julio Cesar ha quasi quarant’anni e vive ancora con sua madre, una donna colombiana dalla personalità trascinante. I due condividono praticamente tutto: una casetta sul fiume piena di ricordi, i pochi soldi guadagnati lavorando per uno spacciatore della zona, la passione per le serate di salsa e merengue. Un’esistenza ai margini vissuta con amore, al tempo stesso simbiotica e opprimente, il cui equilibro precario rischia di andare in crisi con l’arrivo di Ines, giovane colombiana reduce dal suo primo viaggio come “mula” della cocaina. Tra desiderio e gelosia la situazione precipita rapidamente, al punto che Julio si troverà a compiere un gesto estremo, in un viaggio doloroso che lo porterà per la prima volta nella sua terra di origine.
COMMENTO DEL REGISTA
Questo film è una storia d’amore tra una madre e un figlio, una tragedia colorata che affonda i propri eroi nelle sfumature cangianti dei loro umori più intimi, nella delicatezza e nella violenza. È il racconto quasi mitologico di un legame basato sul sangue che ho tentato di sottrarre al giudizio, senza voler stabilire se ciò che unisce profondamente i due protagonisti sia un atto di amore, più forte delle convenzioni sociali, o un atto psichico disfunzionale che dimostra l’impossibilità di accettare una naturale separazione. Possiamo davvero tracciare una linea che distingua amore e follia, la forza irriducibile del sentimento dalla paura profonda di restare soli per sempre?