Le scelte del medico di guardia in servizio al Pronto soccorso di Patti sono all’origine dell’episodio che ha visto protagonista, qualche giorno fa, un paziente al quale era stata provvisoriamente immobilizzata una gamba fratturata con del cartone imbottito di cotone. Una responsabilità individuale, quindi, alla quale si aggiunge la mancata segnalazione sulla necessità di richiedere i dispositivi medici monouso per l’immobilizzazione degli arti. Sono queste le conclusioni dell’ispezione svolta dalla commissione incaricata dall’assessore regionale alla Salute, Giovanna Volo, lo scorso 2 agosto, su indicazione del presidente della Regione Renato Schifani. «Le linee guida sono chiare – ha concluso Requirez – vanno applicate però ai casi concreti, in modo da lasciare poco spazio alle interpretazioni personali. Nel caso specifico di Patti, l’ispezione regionale ha accertato che i dispositivi monouso erano presenti nella struttura ospedaliera, e che quindi la paventata carenza non c’era, e che la scelta assistenziale adottata non era la più idonea al caso». Le risultanze sono state illustrate questo pomeriggio nel corso di una conferenza stampa tenutasi nella sede dell’assessorato, a Palermo.
Ora la parola ai due avvocati che rappresentano la dottoressa:
A quanto comunicato ieri dalla commissione ispettiva hanno risposto i legali a cui la dottoressa in servizio al pronto soccorso dell’ospedale di Patti ha dato mandato, gli avvocati Giovanni Tortora e Tindaro Giusto. Gli avvocati hanno evidenziato come non appaia accettabile che pervengano alla stampa indicazioni sui temi trattati in sede di confronto ispettivo, con riferimenti precisi a dati medici e diagnostici in mancanza di qualsivoglia contraddittorio. Vengono divulgate notizie che per la loro specificità non possono che provenire dagli organi ispettivi mentre le deduzioni e le corrette indicazioni della professionista sono relegate in contesto minimale e secondario. Occorre quindi riportare il confronto nei canoni e nei termini di paritario e corretto sviluppo. E Di seguito: Il modo in cui i fatti sono stati riportati dopo la visita ispettiva regionale sono un deliberato attacco a danno dell’immagine e della professionalità della nostra assistita. Ci troviamo dinanzi al tentativo di improntare un vero e proprio processo mediatico finalizzato probabilmente a coprire precise responsabilità politiche a scapito di un professionista che ha operato in un contesto la cui precarietà e nota a tutti. Sorprende che organi politici regionale e le strutture dirigenziali della sanità regionale e provinciale scoprano oggi che il PS di Patti abbia criticità trascurate per anni. E poi sul caso specifico: il caso odierno è dato di cronaca ma non ha certamente prodotto ne’puo essere catalogato in uno dei tanti casi di malasanità a cui i cittadini siciliani sono purtroppo abituati. Qui il medico ha affrontato e risolto in emergenza il problema. Cosa si potesse fare in alternativa o se fosse possibile seguire altra via è argomento che meriterà un approfondimento ma non consentiremo che ciò avvenga attraverso un processo mediatico in cui la politica tenta di scaricare le proprie responsabilità. Non permetteremo che la Dott.ssa diventi il capro espiatorio, l’anello debole da colpire: il sistema sanitario della zona tirrenica Messinese è ridotto all’osso, affetto da totali carenze strutturali, di personale; la responsabilità di quanto accaduto è pertanto da ricercare altrove, non certo nei confronti di un medico che si trova ad operare in siffatte condizioni che potrebbero definirsi da frontiera di guerra, costretto a turni massacranti ed a condizioni lavorative pessime. In attesa che emergano con chiarezza i contorni precisi del caso, hanno concluso i due legali, si vuole quindi stigmatizzare la divulgazione di informazioni riservate in merito, sui vari quotidiani regionali e nazionali, soprattutto in assenza di contraddittorio e senza che sia stata ancora data alla dott.ssa la possibilità di ribattere nelle sedi opportune.