venerdì, Novembre 22, 2024

42° anniversario della morte di Carlo Alberto Dalla Chiesa, Palermo e la Sicilia non dimenticano

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Palermo non dimentica e nemmeno il resto del Paese, anche se sono già trascorsi 42 anni, da quel 3 settembre 1982, quando il Generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa fu assassinato dalla mafia insieme a sua moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di Polizia Domenico Russo, nel pieno centro del capoluogo siciliano, con uno schiaffo, l’ennesimo, in pieno volto a quello Stato che non riusciva a fronteggiare lo strapotere militare e politico di Cosa Nostra.

Il generale dei Carabinieri, che aveva guidato la controffensiva dello Stato contro il terrorismo, era a Palermo da soli 100 giorni, inviato dal Governo Spadolini per arginare quel fiume di sangue versato dalla mafia che inondava il capoluogo. Erano gli anni del terrore, della seconda guerra di mafia e di quella sequela di omicidi eccellenti con cui Cosa Nostra sfidava e si opponeva al potere dello Stato: Boris Giuliano, Cesare Terranova, Piersanti Mattarella, Gaetano Costa e Pio La Torre, assassinato il 30 aprile 1982, il giorno in cui Carlo Alberto dalla Chiesa si insediava a Palermo come prefetto.

L’allora ministro dell’interno Virginio Rognoni aveva promesso al generale poteri straordinari, alla stregua di quelli concessi nella lotta al terrorismo, per contrastare la guerra tra le cosche, che insanguinava l’isola. Poteri, però che non arrivarono mai. Nonostante ciò, nonostante di fatto Carlo Alberto Dalla Chiesa fosse un uomo solo contro Cosa Nostra a Palermo, anche quella sera aveva portato a termine il suo lavoro e si stava recando a Mondello con sua moglie Emanuela, dove avrebbero dovuto cenare. Alle ore 21:15 la A112 del Prefetto Dalla Chiesa stava percorrendo la Via Carini. A bordo ci sono lui sul sedile anteriore passeggero e alla guida la moglie Emanuela Setti Carraro.

La vettura fu affiancata da una BMW, dalla quale partirono alcune raffiche di Kalashnikov AK-47. Non ebbero scampo il prefetto e la sua giovane moglie. L’agente di Polizia Domenico Russo, scorta del prefetto, che seguiva su un altro mezzo, fu investito da una raffica di mitra partita da una motocicletta. Morì 12 giorni dopo, il 15 settembre 1982 per le gravi ferite riportate nell’agguato. Per i tre omicidi sono stati condannati all’ergastolo come mandanti i vertici di Cosa nostra, ossia i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci.

“Quarantadue anni fa l’aggressione mafiosa interrompeva tragicamente il percorso umano e professionale di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Con lui perdevano la vita la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo, deceduto alcuni giorni dopo per le ferite mortali riportate. Quel barbaro agguato contro un esemplare servitore della Repubblica rappresentò una delle pagine più funeste dell’attacco della criminalità organizzata alla convivenza civile”. Lo dichiara il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

“Il vile attentato non riuscì, tuttavia, ad attenuare l’impegno per quei valori di legalità e giustizia propri alla nostra democrazia, per la cui affermazione, nei diversi ruoli ricoperti nell’Arma dei Carabinieri e da ultimo come Prefetto di Palermo, il Generale Dalla Chiesa aveva combattuto”, aggiunge il capo dello Stato, secondo il quale “a distanza di anni, la memoria di quanti, come lui, si sono opposti al terrorismo e alla prepotenza mafiosa, continua a interpellare coloro che rivestono pubbliche responsabilità, la società civile, le giovani generazioni, ciascun cittadino. La sua figura, il suo lascito ideale vivono oggi nell’operato di chi si impegna in prima persona contro la mafia e il terrorismo e indica all’intera comunità nazionale la via del coraggio e della responsabilità”.

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