venerdì, Dicembre 13, 2024

La Corte d’appello di Messina ha assolto l’imprenditore Immacolato Bonina, il caso è chiuso

bonina

E’ passata la tesi dell’avvocato Francesco Aurelio Chillemi, che era stata ribadita in tutti i gradi di giudizio; l’imprenditore Immacolato Bonina non è stato l’artefice del contratto di solidarietà, ma l’iniziativa era stata avviata dai sindacati e Bonina era stato solo parte in questa vertenza. Di contro non è passata la tesi dell’accusa, secondo cui l’imprenditore avrebbe costretto ventidue dipendenti a firmare, minacciando di licenziarli. Da qui i giudici della Corte d’Appello di Messina, accogliendo l’appello dell’avvocato Francesco Aurelio Chillemi, ha assolto l’imprenditore Immacolato Bonina perché il fatto non sussiste.

Il processo si è celebrato nuovamente in appello dopo che la seconda sezione della corte di Cassazione aveva annullato con rinvio la condanna emessa nel febbraio 2023 dalla corte d’appello di Messina a 5 anni e 3 mesi di reclusione. La condanna poi azzerata dalla Suprema Corte, era stata già ridotta in appello, ma solo di un anno di reclusione, dopo che il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto lo aveva condannato in primo grado a 6 anni e 3 mesi di reclusione.

Ora il caso è davvero chiuso. La vicenda giudiziaria oggetto del processo risale al 2014 e si riferisce al contratto di solidarietà firmato da ventidue dipendenti. Secondo l’accusa, l’imprenditore li avrebbe costretti a firmare, minacciando di licenziarli. La difesa ha sempre sostenuto come non fosse stato l’imprenditore Bonina l’artefice del contratto di solidarietà, ma l’iniziativa era stata avviata dai sindacati e Bonina era stato solo parte in questa vertenza. In appello Bonina è stato difeso anche dall’avvocato Vittorio Manes.

Per una vicenda analoga, nel 2021, Bonina, in secondo grado, era stato assolto dal reato di estorsione dalla Corte di Appello di Messina per fatti accaduti nel 2008; il Tribunale di Messina lo aveva condannato a 5 anni e 3 mesi di reclusione e 2.500,00 euro di multa e poi la corte d’appello ribaltò il verdetto ritenendo inesistente il reato e disponendo la prescrizione per altri reati.

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