Si sarebbe rivelato molto probabilmente fatale già il primo impatto che l’autovettura condotta da Provvidenza Grassi subì a velocità sostenuta contro il muro della galleria prima di incontrare nella sua traiettoria il terminale di barriera posto a protezione del viadotto Bordonaro e precipitare lungo la scarpata.
Questa la ricostruzione della dinamica eseguita dal perito ingegnere Santi Mangano, inserita nelle motivazioni della sentenza dell’11 giugno scorso con la quale, la seconda sezione penale della Corte d’Appello di Messina ha totalmente ribaltato il verdetto di condanna della prima sezione penale del Tribunale di Messina emesso nel mese di gennaio del 2017 a carico di Gaspare Sceusa, Letterio Frisone e Maurizio Maria Trainiti, chiamati a rispondere del reato di omicidio colposo aggravato.
Oggetto del processo l’incidente stradale, verificatosi nel mese di luglio 2013 lungo la tangenziale Palermo-Messina in corrispondenza del viadotto Bordonaro quando morì la giovane Provvidenza Grassi.
Secondo le valutazioni del collegio giudicante, supportate anche dai riscontri medico legali della consulente della procura, il primo devastante impatto, avvenuto ad una velocità di 105 km/h e senza l’uso delle cinture, avrebbe potuto da solo provocare il decesso della giovane con una probabilità pari o superiore al 70%, rilevandosi così del tutto ininfluente per la Corte, in linea con i dettami della Suprema Corte di Cassazione con la nota sentenza “Franzese”, la verifica della collocazione “a norma” del terminale di barriera e la riconducibilità di detta condotta colposa agli imputati nelle rispettive cariche ricoperte in seno al Consorzio Autostrade.
Gli imputati sono stati difesi dagli avvocati Giuseppe Lo Presti, Valter Militi, Giuseppe Pustorino, Carmelo Galati, Luigi Azzarà e Francesco Torre.