Il progetto “d.amare” prende vita. L’idea messa a punto da due architetti siciliani durante la prima fase di quarantena, i messinesi Gianmarco Spadaro e Lorenzo Musolino, fondatori del collettivo creativo “EX_ANTEcollettivo+”, per permettere di ‘vivere’ spiaggia e mare ai tempi del COVID-19, va avanti.
Il fine è quello di pensare una soluzione che assicurerebbe il mantenimento del distanziamento sociale dei bagnanti in spiaggia libera, molto più difficile da gestire e regolamentare rispetto agli spazi destinati agli stabilimenti balneari, in linea con le vigenti normative: due oggetti utili ed utilizzabili, per un uso personale continuato, economicamente accessibili a tutti ed eco-friendly, svincolanti da ogni eventuale forma di “privatizzazione” dei litorali.
I due professionisti illustrano così il loro progetto:
“Dopo una prima fase di ideazione e prototipazione, i due oggetti della collezione, “telo d.amare” e “ciambella d.amare”, si preparano ad affrontare la “FASE 2”, in linea con la realtà attuale nazionale.
Sono stati studiati i costi, le diverse possibilità di distribuzione, ma soprattutto il loro funzionamento e la loro “modalità d’uso” nel contesto per il quale sono stati immaginati.
Il “telo d.amare” – pensato come un cerchio flessibile ripiegatile su se stesso e facilmente trasportabile grazie alla bag multiuso progettata su misura, in materiali di riciclo e idonei al contatto con la pelle – garantirebbe il mantenimento del distanziamento sociale su spiaggia grazie alla sua superficie “esterna” di 50 cm che, a contatto con un altro telo affiancato, manterrebbe comunque i due soggetti ad una distanza minima di 1 metro.
La “ciambella d.amare” è invece un vero e proprio gonfiabile a forma circolare per mantenere il distanziamento di sicurezza in acqua, con un diametro variabile a seconda della dimensione del foro interno, garantendo così la possibilità di essere utilizzato da utenti con diverse esigenze di confort pur mantenendo in ogni caso la dimensione del bordo esterno di 50 cm.
Obiettivo primario di questa seconda fase è fornire immagini che diano un’idea di come dei semplici e funzionali oggetti possano restituirci, seppur in parte, quel poco di normalità di cui abbiamo bisogno adesso.”