A volte è un attimo, per scrivere cose che altrove forse si direbbero.
La rabbia sui social diventa così odio, morsi, insulti, diffamazione… una pioggia di grandi idiozie. Le piattaforme dei social, quella parvenza di democrazia distorta dove tutti possono dire tutto, quasi una terra di nessuno, magari condendo quella verbalizzazione scritta di insulti, di un dire sapido di rabbia, diventano una zona pregante di una sorta di impunità.
Un mondo dove tutto è permesso, senza regole, magari dimenticando che ci si sta rivolgendo al vicino di casa a cui hai chiesto una cortesia poche ore prima, oppure a chi si incontra ogni mattina facendo jogging.
Un modo di fare, questo, che sta contribuendo in modo importante a imbarbarire il linguaggio, i modi di essere, i rapporti del confronto. Un modo di agire senza regole, se non quella di avere chi urla più forte, chi su quella tastiera diventa il monarca incontrastato.
Eppure ci vuole poco per dar vita ad uno scambio di idee, magari contrastanti, dai toni sopra le righe, ma ugualmente sereno, fatto di opinioni – magari divergenti – ma con un fare rispettoso… appunto con delle regole.
Oggi quello che era un semplice confronto, senza intaccare la libertà d’espressione, spesso scade nell’insulto a senso unico, nel tentativo della gogna mediatica, della voglia di gettare fango, nel dileggiare l’avversario, soprattutto, nel nostro caso, se fa parte dei “giornalisti”, che spesso diventano un soggetto, anzi un oggetto, sul quale sputare rabbia, cattiverie, insulti, magari in gruppo, in branco, che fa più figo.
Scriviamo ora, e non subito, per una motivata scelta.
Per evitare di scalfire quelle sensibilità ed emotività dettate da situazioni contingenti. Non volevamo far bagarre, men che mai risse, ma è opportuno chiarire, serenamente, quel che pensiamo.
Scriviamo non per giustificarci di una notizia data e troppo frettolosamente definita “fake news”. Era una notizia non veritieria, ma difficilmente verificabile, in quanto giungeva da un ufficio affidabile, appositamente delegato a darla, apicale. L’abbiamo riportato come tanti… sbagliando.
Poi non abbiamo cancellato la news.
Abbiamo prima gioito della falsità di quanto comunicatoci, poi abbiamo corretto la notizia scusandoci prima con i diretti interessati e poi con i lettori. Ci siamo assunti le nostre responsabilità.
Forse ci aspettavano una nota da parte di chi aveva diramato la notizia infondata che non è giunta… almeno non scritta. Ognuno è fatto in modo differente da altri.
Riflettiamo sul fatto che la gogna mediatica è ricaduta su di noi, su questa redazione, e non su altre testate. E su questo ci siamo dati anche la risposta.
Ma vogliamo oggi, serenamente, tornare su quanto letto, su quanto scrittoci contro, sugli insulti ricevuti, dopo aver dato un volto ai post.
Vogliamo evidenziare che, senza fare i censori di nessuno, c’è stato chi ha alzato i toni, divagando dagli insulti spiccioli alla mancanza totale di rispetto per chi sta lavorando in redazione, ogni giorno, seriamente, professionalmente e che non meritava né merita di certo vedersi affibbiare epiteti, insulti, etichette.
Non ce lo meritiamo.
In quel caso, quell’essere maleducati e violenti diventa un problema che tocca tutti. Il lato oscuro dei social, e scopriamo che anche realtà più piccole (come la nostra) non ne sono immuni, ahinoi.
Oggi scriviamo a quei “bulli” che, convinti di essere i più forti, usando la tastiera, per battere insulti o editti, hanno manifestato la propria prepotenza attraverso la parola.
Una scelta di esibirsi sui social network nelle loro migliori performance, convinti di essere il re della foresta, sconoscendo che, a chi sta dentro la redazione certamente il loro “ruggire” non fa spavento.
Siamo diventati oggetto di insulti, che subito fanno male, lasciano l’amaro in bocca, ma che poi, nel tempo, diventando post spuntati, distanti, fanno anche sorridere. Insulti che spesso provengono da soggetti dagli equilibri precari, in cerca di occasioni e spunti per diventare protagonisti , attraverso la tastiera. Soggetti rancorosi, contro tutti e tutto, ma solo a distanza.
E allora, a differenza di altri:
Noi che non crediamo e che non siamo convinti che il mondo giri attorno a noi.
Noi che siamo consapevoli di non avere la verità sempre in tasca e che quello che scriviamo non è la parola del Vangelo.
Noi che sempre ci chiediamo “ma se avessi torto?”
Noi che continuiamo a guardare, sorridendo, senza timori ne astio, chi in maniera imperterrita continua a inveirci contro.
Consapevoli però che chi agisce in tal modo non è solo “contro di noi, per partito preso”, ma contro chiunque provi a farli ragionare, o la pensi in maniera diversa da loro. Perché attaccare con esagerata violenza verbale chiunque si ponga in maniera diversa dal loro modo di vedere è il loro “status”.
Si sentono avvocati, statisti, medici, giornalisti, oggi più che mai virologi, infettivologi, scienziati, e per ogni argomento hanno la loro immensa competenza.
Diciamo semplicemente: Beati loro.
Noi accettiamo il pensiero degli altri, rispettiamo la differenza di pensiero… siamo lontani dagli insulti ricevuti.
Non li rimandiamo al mittente, li conserviamo per farne tesoro, ma è anche tempo di dire che ora basta.
Chi non vuol seguirci, non vuol leggerci, lo faccia serenamente, ce ne faremo una ragione.
Basta un click.
Chi vuol dialogare e confrontarci lo faccia in maniera umana, socialmente corretta, con educazione. Avrà attenzione, rispetto e daremo spazio e tempo a tutti.
La redazione sta lavorando anche in queste ore per fare e dare un servizio, l’informazione, che è il sale della democrazia.
Possiamo sbagliare e sappiamo chiedere scusa – come abbiamo fatto -, ma non tolleriamo più l’insulto e la mancanza di rispetto.
Abbiamo dato mandato ai nostri legali per vedere se in quelle perle di saggezza che ci avete regalato ci siano elementi da codice penale. E valuteremo il da farsi. Non per spirito di vendetta ma per il rispetto delle regole.
Questo giusto per dirlo, e soprattutto perché è giusto così.
Buon tutto a tutti.
Il direttore.
A proposito: non cancellate i post… sarebbe ora una cosa inutile.