Sono passati 20 anni da quel terribile 20 luglio 2002, quando il treno Espresso 1932, partito dalla stazione centrale di Palermo e diretto a Venezia alla velocità di 105 km/h in direzione Messina deraglia.
Sono le 18.56 e al km 210,470 della tratta ferroviaria Palermo-Messina, poco prima della stazione di Rometta, le prime tre carrozze dietro la motrice del “Freccia della Laguna”, escono dai binari e vengono scaraventate contro il casello ferroviario che viene letteralmente sventrato. Nel frattempo la motrice finisce la sua corsa contro le paratie di un viadotto in cemento, rimanendo in bilico verso una scarpata. Sono 190 i passeggeri a bordo del convoglio.
Muore uno dei due macchinisti, Saverio Nania e con lui altri 7 passeggeri: un’intera famiglia marocchina composta da Ali Abdelhakim, Hanja Abdelhakim, Miloudi Abdelhakim, Fatima Fauhreddine (della quale si salvarono solo due bambini); Placido Caruso, di 76 anni, da Milazzo; Stefano La Malfa, impiegato al Comune di Milazzo e Giuseppina Mammana, di 22 anni, siciliana ma residente in Germania. 47 persone riportano ferite che richiedono il ricovero in ospedale, 7 quelle più gravi. Un bilancio terrificante, per quella che è una delle tragedie ferroviarie che ha segnato la storia della linea ferrata italiana.
A causarla, secondo le indagini, fu un difetto strutturale del binario, un’anomalia segnalata più volte proprio dai macchinisti che avevano percorso quel tratto. Tra questi anche il povero Nania. Il giudizio di primo grado sul disastro, che aveva visto alla sbarra per omicidio plurimo colposo e disastro ferroviario l’amministratore della ditta che aveva eseguito i lavori di manutenzione del binario e tre funzionari delle ferrovie che avevano collaudato quel tratto di ferrovia, si conclude solo nel dicembre 2011.
La sentenza che dichiara la responsabilità dei quattro indagati per la mancata manutenzione dei binari della ferrovia, mentre le accuse per omicidio colposo e lesioni colpose cadono in prescrizione. Nel 2014 la Corte d’Appello di Messina, conferma la condanna a tre anni (pena condonata) solo per due dei tecnici indagati per la mancata manutenzione dei binari e assolve, invece, il titolare dell’azienda responsabile dei lavori, avviati pochi mesi prima del disastro, dopo una gara di appalto e l’ispettore capo delle ferrovie dello Stato dell’ufficio di Catania.
Soltanto nel 2016 sono stati rimossi i resti del locomotore e delle carrozze del treno deragliato e avviati alla demolizione, con una spesa sostenuta da Trenitalia di di 140.000 euro.