Lo scorso settembre è stata pubblicata sul sito del Senato della Repubblica la relazione semestrale della DIA presentata dal Ministro dell’interno e relativa all’analisi sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso del II semestre del 2021.
L’analisi è realizzata sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione e conferma, ancora una volta, che il modello ispiratore delle diverse organizzazioni criminali di tipo mafioso appare sempre meno legato a eclatanti manifestazioni di violenza ed è, invece, rivolto verso l’infiltrazione economico-finanziaria. Ciò appare una conferma di quanto era stato già previsto nelle ultime Relazioni ed evidenzia la strategicità dell’aggressione ai sodalizi mafiosi anche sotto il profilo patrimoniale tesa ad arginare il riutilizzo dei capitali illecitamente accumulati per evitare l’inquinamento dei mercati e dell’Ordine pubblico economico.
Una direttrice d’azione importantissima che ha consentito sino ad ora di ridurre drasticamente la capacità criminale delle mafie evitando effetti che altrimenti sarebbero stati disastrosi per il “sistema Paese”.
Lo scorso 29 ottobre 2021 la Direzione Investigativa Antimafia ha celebrato, nel palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, i 30 anni della sua attività.
Da quella data è partito un percorso che ha coinvolto 24 città con l’esposizione dell’“Antimafia itinerante” una mostra che racconta la storia ed i successi della DIA, una Istituzione nata anche con il sacrificio di tanti servitori dello Stato che hanno contribuito alla costruzione di un moderno strumento di contrasto alla criminalità organizzata che ci viene invidiato dalle Law Enforcement di tutto il mondo.
La mostra fotografica “Antimafia Itinerante” ha percorso il Paese e, tramite 34 pannelli con foto, immagini e cronaca dei giornali, ha rievocato 30 anni di storia e di passione delle donne e degli uomini della DIA nell’azione di contrasto alle mafie.
L’esperienza, anche in termini di testimonianza alle nuove generazioni della storia e della cultura antimafia, ha raccolto risultati lusinghieri ed è stata visitata dal oltre 200.000 persone.
L’“Antimafia Itinerante” ha evidenziato i numerosi ambiti d’intervento della DIA che spaziano dall’azione giudiziaria e preventiva antimafia a quella del contrasto all’infiltrazione criminale nel settore degli appalti pubblici a supporto delle Prefetture, fino all’analisi e allo sviluppo delle segnalazioni di operazioni finanziarie sospette in stretta collaborazione con l’Ufficio di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia e la Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo nella lotta al riciclaggio. Ha inoltre riassunto le attività complessivamente portate a termine dalla DIA, ben 1.135 indagini, che hanno consentito l’arresto di 11.478 soggetti e la sottrazione di beni alle mafie per oltre 24 miliardi di euro. In particolare, ha anche ricordato le catture di 177 latitanti tra cui spiccano i noti Leoluca Bagarella, Giuseppe Mallardo, Francesco Schiavone e Angelo Nuvoletta.
La mostra ha altresì sottolineato come la DIA abbia sempre svolto un contrasto alle mafie qualificato e al passo con i tempi, sempre più rivolto al contrasto delle mafie transnazionali mediante un’intensa attività di cooperazione internazionale a livello bilaterale e multilaterale. In quest’ambito la Direzione ha fornito e continua a fornire agli uffici del Dipartimento della Pubblica Sicurezza il proprio contributo mediante l’elaborazione di specifici documenti di analisi volti a riscostruire le linee evolutive della criminalità organizzata transnazionale e tramite la programmazione di numerose attività formative per diffondere le metodologie e le best practices più efficaci per la lotta al fenomeno mafioso.
Sulla base di queste considerazioni, la Relazione di questo semestre descrive i profili evolutivi delle organizzazioni di tipo mafioso e di matrice etnica soffermandosi sui rispettivi modus operandi e avendo riguardo alle differenti capacità in ordine alla infiltrazione nell’economia legale e al turbamento dell’ordine e della sicurezza pubblica.
L’elaborato sottolinea, inoltre, quanto lo specifico contrasto debba svolgersi anche e soprattutto avvalendosi della cooperazione internazionale attesa la perdurante tendenza delle mafie nazionali a rivestire ruoli di rilievo all’estero. In tale ambito si sottolinea l’efficacia della Rete Operativa Antimafia @On di cui la DIA è ideatrice, promotore e Project Leader.
Nella premessa della Relazione e nel capitolo dedicato al riciclaggio vengono rispettivamente trattate le più recenti evoluzioni della normativa nazionale e continentale attinente all’esecuzione all’estero di provvedimenti ablativi e alla prevenzione del money laundering realizzato attraverso i mercati elettronici.
La Relazione inoltre propone un focus di approfondimento sulla criminalità nigeriana strutturata nei c.d. secret cults i cui tratti tipici sono l’organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione, i codici di comportamento e più in generale un modus agendi che la Corte di Cassazione ha più volte ricondotto alla tipica connotazione di “mafiosità”. Appare altresì particolarmente significativo evidenziare come siano state accertate riunioni periodiche dei cult in talune città con collegamenti tra omologhi sodalizi operativi in diverse aree del nostro Paese.
Tale quadro, pertanto, impone di continuare nella lotta contro la criminalità organizzata con particolare attenzione all’aggressione dei beni illecitamente accumulati dalle mafie mediante gli strumenti dei sequestri penali e di prevenzione.
Su questo fronte, la portata dei provvedimenti di prevenzione eseguiti nel semestre in esame testimonia l’attenzione verso il settore della Direzione Investigativa Antimafia che orienta le sue attività per proteggere il tessuto economico del Paese dalle ingerenze della criminalità organizzata.
C’è anche il consueto aggiornamento per quanto riguarda il territorio messinese diviso in almeno tre grandi aree di interesse per le consorterie mafiose.
Nella parte settentrionale della provincia opera la c.d. “famiglia barcellonese” comprendente i gruppi dei “Barcellonesi”, dei “Mazzarroti”, di “Milazzo” e di “Terme Vigliatore” che nel periodo di riferimento è stata interessata dalla confisca di beni per oltre 8 milioni di Euro.
Nel territorio dei Monti Nebrodi risultano attivi i sodalizi dei “tortoriciani”, dei “batanesi” e dei “brontesi” nei confronti dei quali talune investigazioni hanno evidenziato l’accaparramento dei terreni agrari e pascolivi per beneficiare di fondi comunitari destinati allo sviluppo delle zone rurali.
Nel capoluogo si registra l’operatività di una “cellula” di cosa nostra catanese riconducibile ai ROMEO-SANTAPAOLA capace di coesistere con altri clan orientanti prevalentemente nel traffico di stupefacenti e nella gestione di scommesse clandestine.
La provincia di Messina – si legge nella relazione della Dia – in ragione della sua particolare posizione geografica rappresenta lo spartiacque tra varie organizzazioni di tipo mafioso. Posta al centro delle aree di interesse di cosa nostra palermitana e catanese, nonché della ‘ndrangheta la mafia messinese acquisisce a secondo della contiguità territoriale l’influenza dell’una o dell’altra organizzazione criminale.
Ne consegue che i gruppi mafiosi “barcellonesi” e quelli dell’area “nebroidea” attivi nella zona al confine con la provincia di Palermo hanno strutture organizzative e modus operandi analoghi a quelli di cosa nostra palermitana. In tale ottica appaiono plausibili le ingerenze delle consorterie catanesi nelle aree di confine tra le province, nonché nel Capoluogo. Riscontrati da pregresse attività investigative i rapporti delle organizzazioni criminali messinesi con le vicine cosche calabresi sono finalizzati per lo più alla gestione del traffico di stupefacenti pur senza escludere che tali rapporti possano evolversi anche verso l’adozione di una strategia diretta al reimpiego degli ingenti capitali provenienti dai traffici illeciti verso attività imprenditoriali più remunerative presenti nella provincia quali quelle del settore turistico in una fase economica in cui molte attività imprenditoriali, nel tentativo di risollevarsi dalle difficoltà provocate dalla recente pandemia, sono in evidente difficoltà e tendenzialmente disposte a cedere asset aziendali a valori anche inferiori a quelli di mercato.
In tale contesto criminale in cui si manifestano continue interazioni tra sodalizi vige una sorta di tacita tolleranza finalizzata alla vicendevole convenienza, alla soluzione di problematiche comuni e alla riduzione o alla completa rinuncia a cruenti azioni criminali che polarizzerebbero inevitabilmente l’interesse istituzionale e mediatico. Inoltre si evidenzia la capacità di alcune organizzazioni mafiose messinesi di espandersi in altre province confinanti dove hanno esportato una specifica competenza nell’acquisizione illecita di finanziamenti pubblici destinati al settore agro-pastorale. Tale aspetto unitamente alla gestione del gioco d’azzardo sottolinea l’evoluzione di alcune consorterie messinesi capaci di affiancare ai reati tipici dell’associazione mafiosa abilità imprenditoriali nella gestione di attività criminali più remunerative e meno esposte al rischio di contrasto da parte delle forze di polizia. Nel semestre la ripartizione delle aree di influenza dei gruppi messinesi risulta sostanzialmente invariata. Nella parte settentrionale della provincia opera la c.d. “famiglia barcellonese” comprendente i gruppi dei “Barcellonesi”, dei “Mazzarroti”, di “Milazzo” e di “Terme Vigliatore” che nel periodo di riferimento è stata interessata dalla confisca di beni per oltre 8 milioni di Euro.
Nel territorio dei Monti Nebrodi risultano attivi i sodalizi dei “tortoriciani”, dei “batanesi” e dei “brontesi” nei confronti dei quali talune investigazioni hanno evidenziato l’accaparramento dei terreni agrari e pascolivi per beneficiare di fondi comunitari destinati allo sviluppo delle zone rurali. Nell’ottobre 2021 un esponente di assoluto rilievo dei “batanesi” è stato colpito da un sequestro beni per un valore complessivo di circa 200 mila euro. Nella “zona nebroidea” risulta presente anche la famiglia di Mistretta ritenuta legata al mandamento palermitano di San Mauro Castelverde la quale influenza l’area confinante con la provincia di Palermo ed Enna. La “fascia jonica” che si estende dalla periferia sud di Messina fino al confine con la provincia di Catania costituirebbe area di influenza delle organizzazioni mafiose etnee in quanto fondamentale area di spaccio e potenziale bacino di reinvestimento di capitali di provenienza illecita. Nella “fascia tirrenica” della provincia, ove egemone è la famiglia dei “barcellonesi” il business principale per le organizzazioni criminali risulta essere il traffico e spaccio di stupefacenti.
Nel semestre l’indagine “Drug Express” ha consentito di disarticolare un gruppo criminale capeggiato da un tunisino con base a Milazzo ma con ramificazioni anche a Roma dedito alla gestione del traffico e dello spaccio di cocaina e crack. Una peculiarità dell’attività illecita era la consegna a domicilio della sostanza stupefacente. L’approvvigionamento avveniva anche attraverso un canale romano che trasferiva la droga ai messinesi mediante il sistema delle spedizioni. L’indagine a conferma della caratura criminale dell’associazione ha disvelato anche l’esistenza di un progetto criminoso volto ad attuare un attentato contro la caserma e gli automezzi della Guardia di Finanza di Milazzo e finanche a progettare una vendetta ai danni di un militare che aveva sottoposto taluni degli indagati ad un controllo su strada. L’indagine “Lock Drugs” conclusa dai Carabinieri il 22 luglio 2021 ha invece riguardato una fiorente attività di spaccio di marijuana e cocaina nell’area di Barcellona Pozzo di Gotto realizzata da soggetti giovanissimi attraverso l’utilizzo di social network, ritenuti meno vulnerabili sotto il profilo del monitoraggio investigativo.
Nel capoluogo si registra l’operatività di una “cellula” di cosa nostra catanese riconducibile ai ROMEO-SANTAPAOLA capace di coesistere con altri clan orientanti prevalentemente nel traffico di stupefacenti e nella gestione di scommesse clandestine. Nella zona sud di Messina in particolare nel quartiere “Santa Lucia sopra Contesse” risulta
egemone il clan SPARTA’. Si tratta di un gruppo criminale di indole sanguinaria come dimostrano gli esiti di un’attività investigativa che nello scorso semestre ha consentito di disarticolare una consorteria criminale contigua al citato clan operante nel capoluogo peloritano, in quello etneo e con propaggini a Roma e a Pescara dedita alla commercializzazione di elevati quantitativi di sostanze stupefacenti. L’indagine oltre ad aver represso un lucroso traffico di droga sull’asse Roma-Pescara-Messina ha evidenziato la capacità del clan SPARTA’ di interagire con altri sodalizi criminali mantenendo un consolidato e stabile collegamento criminale con un clan pescarese ed esponenti contigui ai SANTAPAOLA-ERCOLANO di Catania.
In tale contesto criminale, inoltre, il 2 luglio 2021 nell’ambito dell’indagine denominata “Know Down” scaturita a seguito di un’aggressione originata da debiti pregressi legati al traffico di droga è stato eseguito un provvedimento restrittivo nei confronti di 11 soggetti ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, rapina, estorsione, lesioni personali aggravate e furto aggravato. L’inchiesta ha rivelato l’esistenza di un’associazione criminale operante nel rione di Santa Lucia sopra Contesse dedita e specializzata nella gestione di un traffico di droga (per lo più cocaina, marijuana) destinata ad essere immessa sul mercato messinese. Il traffico di stupefacenti appare dunque il comune denominatore per la convivenza tra gruppi criminali peloritani e quelli di altre province. Riguardo alla capacità di intrattenere rapporti con altre consorterie l’attività investigativa denominata “Provinciale” conclusa nell’aprile 2021 nel ricostruire le dinamiche mafiose insistenti nel centro città ha evidenziato come un esponente del clan SPARTA’ avesse fornito in passato un sostegno economico al capo clan del quartiere “Provinciale” una volta scarcerato.
Nel centro di Messina, infatti, il quartiere “Provinciale” è appannaggio del clan LO DUCA attivo nel c.d. fenomeno della “messa a posto” e nel traffico di sostanze stupefacenti. La predetta operazione “Provinciale” ha disvelato l’esistenza di un’associazione di tipo mafioso composta da “…tre gruppi associativi stanziati in diverse parti centrali della città che cooperano tra loro, invece di fronteggiarsi, secondo un patto tacito di pace reciproca: un gruppo, facente capo a …omissis…, è stanziato nel territorio di Provinciale, un altro gruppo, facente capo a …omissis…, coesiste nel territorio di Provinciale (e, in particolare, nel rione denominato “Fondo Pugliatti”, ndr), e un terzo gruppo, facente capo a …omissis…, opera nella zona di Maregrosso.”. L’inchiesta che ha coinvolto numerosi affiliati se da un lato ha confermato la presenza “dominante” del clan LO DUCA nel quartiere “Provinciale” grazie al controllo del traffico di sostanze stupefacenti proveniente da Reggio Calabria e delle estorsioni, dall’altro ha appurato la presenza nella zona delle altre consorterie precedentemente citate. Quella operante nel rione “Maregrosso” nel tempo ha gestito mediante una rete di accoliti il controllo della sicurezza nei locali notturni e il traffico di sostanze stupefacenti.
L’altra egemone nella zona denominata “Fondo Pugliatti” attraverso un’impresa operante nel settore dei giochi e delle scommesse fittiziamente intestata ma di fatto riconducibile al sodalizio in parola ha rimpinguato le proprie “casse” grazie ai rilevanti introiti derivanti dalla criminale “gestione aziendale”. Inoltre il capo di quest’ultimo clan si era reso responsabile del reato di scambio elettorale politico-mafioso fornendo sostegno a un politico locale nel corso delle elezioni amministrative di Messina svoltesi il 10 giugno 2018. Gli sviluppi investigativi della descritta attività hanno portato nel semestre all’esecuzione di una misura cautelare personale e reale nei confronti della figlia del predetto boss, ritenuta responsabile del reato di cui all’art. 512 bis c.p. nonché al sequestro di due attività commerciali operanti nel settore della ristorazione, ubicate nel centro cittadino, formalmente intestate alla predetta ma di fatto gestite dal capo clan.
Sempre nel centro cittadino, nel rione “Camaro” pur in assenza di evidenze investigative opererebbe il clan VENTURA-FERRANTE nel rione “Mangialupi” risulterebbe operativo l’omonimo clan rappresentato da storiche famiglie e attivo come emerso da pregresse attività investigative soprattutto nel traffico di stupefacenti per l’approvvigionamento dei quali si relaziona con i vicini clan calabresi. L’operazione “Dominio” del 2017 ha acclarato l’interesse del citato clan anche per il settore delle scommesse clandestine e del gioco d’azzardo. Altro clan attivo nella zona centrale in particolare nel rione “Gravitelli” sarebbe quello riconducibile ai MANCUSO sebbene nel semestre non sono registrati coinvolgimenti di propri affiliati in attività investigative. Nel quadrante settentrionale della città segnatamente nel rione “Giostra” risulta radicato il clan GALLI-TIBIA avvezzo all’illecita organizzazione di corse clandestine di cavalli, nonché al narcotraffico perpetrato in collaborazione con consorterie catanesi e calabresi, come dimostrato dalle operazioni “Festa in maschera” e “Scipione”.
Quello di “Giostra” è un contesto criminale particolarmente delicato in cui in passato si sono registrati violenti episodi delittuosi ed in continua evoluzione. Permane costante la volontà delle consorterie mafiose di infiltrare o condizionare l’attività politico-amministrativa degli Enti territoriali del messinese. Attività delittuose queste che spesso conducono allo scioglimento degli Enti amministrativi per accertate infiltrazioni mafiose, come del resto avvenuto per il Comune di Tortorici (ME)221 in virtù degli esiti dell’indagine “Nebrodi”.
L’indagine “Chair” conclusa nel giugno 2021 dalla DIA di Messina ha fatto emergere ripetuti episodi di corruzione elettorale e di estorsione aggravata dal metodo mafioso registrati nel corso delle elezioni del 2017 per il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana che ha coinvolto anche alcuni messinesi. Altro fenomeno endemico, sebbene non sempre riconducibile alle affermate compagini criminali, risulta quello degli episodi corruttivi posti in essere da spregiudicati imprenditori e pubblici funzionari che perseguono il facile arricchimento derivante dall’aggiudicazione di pubblici appalti.
Ulteriori misure di contrasto alle organizzazioni criminali sono i provvedimenti ablativi che colpiscono i patrimoni criminali illecitamente accumulati nel tempo. A tal riguardo nel semestre oltre ai provvedimenti effettuati dalle forze di polizia nell’ambito di indagini giudiziarie la DIA di Messina ha eseguito due decreti di confisca e due sequestri beni224. In data 11 ottobre 2021 è stato confiscato il patrimonio, pari a circa 8 mln di euro, di un imprenditore ritenuto contiguo al gruppo dei “barcellonesi” e condannato nell’ambito del procedimento “Gotha7” per estorsione aggravata dall’aver agevolato l’attività della predetta associazione mafiosa225. Il 12 novembre 2021 sono stati sottoposti a sequestro compendi aziendali e quote sociali di 3 imprese operanti nel settore edile e della commercializzazione di vetture, immobili, beni mobili registrati e rapporti finanziari per un valore complessivo stimato in circa 2 mln di euro, riconducibili ad un imprenditore già attinto da un pregresso procedimento di prevenzione personale e patrimoniale poiché ritenuto contiguo alla famiglia mafiosa di Mistretta226. Il successivo 25 novembre è stata eseguita la confisca227 di due unità immobiliari nella disponibilità di un partecipe della consorteria operante nel rione “Giostra”.
Infine la presenza di organizzazioni criminali straniere sul territorio peloritano non sarebbe in generale significativa. Tali consorterie risultano tuttavia attive in dinamiche attinenti l’immigrazione illegale e la tratta di esseri umani, laddove non si evidenziano cointeressenze delle mafie autoctone. Si registra peraltro un’interazione funzionale al traffico di stupefacenti tra soggetti riconducibili alla criminalità messinese e cittadini stranieri, come accertato per ultimo dall’operazione “Drug express”.