Se non sono utilizzabili gli esiti delle intercettazioni telefoniche ed ambientali mancano ulteriori elementi di prova da contestare in dibattimento. Da qui la sentenza di non luogo a procedere disposta dal gup del tribunale di Messina Monica Marino il 27 gennaio scorso, verdetto confermato ieri dalla corte d’appello di Messina che ha rigettato l’appello presentato dalla procura peloritana il 14 marzo scorso.
Confermato dunque il proscioglimento per Armando Buccheri, Rocco Cambria, Santo Catalano, Maria Pamela Corrente, Carmelo Fascetto, Lorenzo Italiano, Davide Lo Turco, Francesco Salmeri, Placido Smedile, Enrico Talamo e Giuseppa Zangla. Tutti erano indagati di corruzione elettorale nel contesto della consultazione regionale del 5 novembre 2017.
L’attività tecnica relativa alle intercettazioni era stata svolta dalla Procura della Repubblica di Catania per il reato 416 ter, scambio elettorale politico-mafioso. Per competenza territoriale il processo fu trasferito a Messina ed il pm il 18 aprile 2018 iscrisse alcuni indagati per il reato associativo; in avanti aggiornò le iscrizioni per tutti gli indagati, contestando la corruzione elettorale.
Il gup non ha consentito l’utilizzo dei risultati delle intercettazioni, poiché, pur trattandosi dello stesso procedimento e la connessione tra il 416 ter – per cui erano state autorizzate le intercettazioni e le ipotesi di corruzione elettorale, per queste ultime mancava il presupposto dei limiti di ammissibilità prevista dall’articolo 266 codice di procedura penale.
Il pm contestò la decisione del gup e presentò appello, chiedendo alla corte di emettere il decreto di rinvio a giudizio per tutti. La corte d’appello invece ha rigettato l’appello, confermando la decisione del gup: non luogo a procedere per tutti.
Hanno difeso gli avvocati Filippo Barbera, Fabrizio Formica, Isabella Barone, Carmelo Scillia, Rosaria Composto, Roberto Bonavita, Diego Lanza, Giuuseppe Santilano, Gian Maria Santilano, Laura Todaro e Pietro Fusca.