Non è stato provato che avesse la disponibilità della carta di credito, né i soldi oggetto della truffa e poi nella sua abitazione non è stato trovato nulla di tutto questo. Da qui l’assoluzione per un trentaduenne napoletano, difeso dall’avvocato Nunziatina Armeli, per non aver commesso il fatto; si contestava frode informatica, per fatti accaduti nel 2017 a Capo d’Orlando.
Secondo l’accusa, l’uomo si sarebbe reso responsabile di un attacco informatico, intercettando lo scambio di posta elettronica tra due aziende relativo al pagamento di due fatture per beni acquistati da un imprenditore orlandino presso una ditta di Messina. La ditta, che aveva venduto il materiale, aveva comunicato con email all’imprenditore di Capo d’Orlando l’iban su cui effettuare i bonifici con gli importi, allegando le fatture.
Secondo il prospetto accusatorio, l’imputato si sarebbe spacciato per nuovo amministratore della ditta creditrice, indicando un nuovo codice Iban e una diversa carta di credito su cui eseguire i versamenti, inducendo in errore il debitore che eseguì due bonifici di 5000 e 1915 euro tra marzo e aprile 2017.
Quest’ultimo, dopo aver verificato che il suo denaro non era stato recapito alla ditta di Messina, scoperta la truffa, presentò denuncia e gli inquirenti, seguendo il flusso e i movimenti del denaro, risalirono all’imputato.
Nella sua requisitoria il pm Carlo Giorgianni, aveva chiesto la condanna a due anni di reclusione e il pagamento di una multa; a questa richiesta si era associato il difensore di parte civile.
Nell’arringa conclusiva l’avvocato Nunziatina Armeli, ha evidenziato come non sarebbe emerso che l’imputato avesse attivato la carta di credito sul cui iban erano state versate le somme di denaro, né a seguito della perquisizione domiciliare fossero stati rinvenuti il denaro o la carta di credito.
Dunque non vi era prova della colpevolezza. Da qui il giudice monocratico del Tribunale di Patti Edoardo Zantedeschi, accogliendo la tesi del difensore, ha assolto l’imputato da ogni accusa.