Gestione di un traffico di sostanze stupefacenti sull’asse Calabria-Sicilia. Questa l’accusa a carico di 61 persone colpite a vario titolo da un’ordinanza di custodia cautelare personale emessa dal gip del tribunale di Messina, richiesta dalla Dda, a cui ha dato esecuzione la Guardia di Finanza di Messina.
Delle sessantuno persone, 48 sono in carcere, 6 agli arresti domiciliari e 7 con obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria. Le indagini sono state effettuate dalle Fiamme Gialle del Gruppo di Messina e dagli specialisti del Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo Pef di Messina e riguardano una delle principali piazze di spaccio di Messina, il quartiere di Giostra.
In questo contesto la Direzione Distrettuale Antimafia di Messina ha disposto indagini tecniche (telefoniche, ambientali, telematiche con captatore informatico e di video ripresa) e attività tipiche di polizia giudiziaria. Nel corso delle indagini c’è stato anche l’apporto di un collaboratore di giustizia che, inizialmente partecipe dell’associazione, poi si è dissociato dal contesto criminale di appartenenza, consentendo agli inquirenti una ricostruzione della rete di relazioni e degli affari illeciti che costituiscono l’attività della associazione.
Tra queste stabili canali di approvvigionamento, indispensabili per garantire il costante flusso di droga, cocaina, marijuana e hashish.
Un primo canale era con base operativa a Reggio Calabria e San Luca e Melito Porto Salvo. In piena pandemia, i fornitori calabresi, per eludere i controlli delle forze di polizia e poter beneficiare di un canale di passaggio prioritario sullo Stretto, provvedevano alla consegna della droga a Messina utilizzando autoambulanze.
Un secondo canale, parallelo al primo, si riferiva a Catania e al quartiere San Cristoforo. La base operativa dell’associazione era collocata all’interno di un vicolo cieco del quartiere Giostra e veniva utilizzata una baracca abbandonata per nascondere armi e stupefacenti; addirittura è emerso che l’organizzazione sarebbe stata in grado di contrattare con organizzazioni calabresi l’acquisto di armi da guerra, come fucili mitragliatori del tipo Uzi, dotati di silenziatore.
Sotto il profilo economico-finanziario è stata documentata la disponibilità di beni mobili ed immobili in misura sproporzionata al reddito lecitamente dichiarato ed al tenore di vita sostenuto, da qui il sequestro di unità immobiliari, autoveicoli e motoveicoli, per un valore complessivo stimato di circa 500.000,00 euro.