La cocaina partiva dalla Calabria e arrivava in Sicilia attraverso lo Stretto, per poi giungere alle piazze di spaccio di Messina e quella di Tortorici. Un vasto giro d’affari iniziato in piena pandemia, che si è concluso nel luglio 2022, quando scattò l’operazione antidroga “Broken”, che portò a 16 arresti tra la Calabria, Messina e Tortorici. Ieri la sentenza del processo con rito abbreviato, tenutasi a Messina, che si è conclusa con 13 condanne, per un totale di 143 anni di carcere.
La sentenza del gup Tiziana Leanza ha disposto condanne che vanno dai quattro ai venti anni di reclusione. Accolta in toto la richiesta dell’accusa che con i pubblici ministeri Liliana Todaro e Antonella Fradà aveva chiesto 13 condanne. La più alta è stata per il messinese Giuseppe Mazzeo, condannato a 20 anni, considerato colui che gestiva il traffico di stupefacenti.
Al centro dell’operazione Broken, un gruppo che avrebbe monopolizzato l’approvvigionamento di cocaina a Messina, che poi veniva spacciata al dettaglio sia in città che a Tortorici. A fornire la sostanza stupefacente, secondo l’accusa, un’esponente della famiglia Nirta, Paolo, ai vertici della ‘ndrangheta calabrese, condannato a 15 anni di carcere.
Di seguito tutte le altre condanne: 18 anni e 4 per Giuseppe Castorino, 17 anni e 8 mesi per Graziano Castorino e Maurizio Savoca; 11 anni e 2 mesi per Carmelo Barile, 10 anni e 8 mesi per Rosario Abate, 9 anni e 2 mesi per Maria Minutoli, 5 anni per Gregorio Lucio Vaianella, Gregorio Tassone e Francesco Leandro, 4 anni e mezzo per Cettina Mazzeo e Francesco Nesci. Disposte anche alcune assoluzioni parziali.
Dalle indagini eseguite dai Carabinieri è emerso come dallo Stretto fossero passati decine di chili di droga, soprattutto cocaina, e che il sodalizio avesse avviato il traffico di stupefacenti già dal 2020, superando anche i limiti imposti della pandemia. Gli indagati sfruttavano dei doppi fondi nelle auto, per eludere i controlli agli imbarcaderi. Una volta arrivata in Sicilia, la droga veniva spacciata in città e anche a Tortorici, sui Nebrodi, dove era nata una “piazza” autonoma, gestita da alcuni degli indagati originari della cittadina nebroidea.