La quinta sezione della Corte di Cassazione mette il sigillo sulle condanne inflitte a Davide Schinocca, ritenuto referente di Cosa Nostra a Troina e di altri due appartenenti al clan, Domenico Sotera e Luigi Compagnone.
La suprema corte ha respinto i ricorsi presentati dal pool difensivo nell’ambito del processo scatutito dall’operazione “Discovery 1”, condotta dalla Sezione “Criminalità Organizzata” della Squadra Mobile di Enna e dal Commissariato di Nicosia, sotto l’egida della D.D.A. Nissena. 14 i provvedimenti di fermo di indiziato emessi, in cui si contestavano a vario titolo associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, rapina, furto aggravato, danneggiamento, detenzione e porto illegale in luogo pubblico di armi da sparo, anche clandestine. I tre, secondo l’accusa hanno fatto parte del clan dal 2012 al giugno del 2015, quando scattarono i fermi. Schinocca, che secondo l’ipotesi accusatoria, guidava il clan troinese di Cosa Nostra – gruppo ritenuto collegato alla costola di Aci Catena del clan Santapaola Ercolano – è stato condannato a 15 anni di reclusione, Sotera e Compagnone a nove anni e undici mesi.
Il gruppo, secondo quanto emerge dalle carte, teneva sotto scacco molti operatori economici, oltre a tentare di condizionare aspetti della vita pubblica cittadina, addirittura tentando di esercitare pressioni durante la campagna elettorale contro la candidatura a sindaco di Fabio Venezia, che per il suo impegno antimafia era ritenuto dall’organizzazione un nemico. Fatti che avrebbero arrecato un danno d’immagine all’intera comunità troinese e per i quali il Comune, che è tra i soci fondatori, nel novembre 2013, dell’“Associazione Antiracket e Antiusura di Troina”, si è costituito parte civile al processo con l’avvocato Salvatore Timpanaro. I tre, ora, dovranno risarcire l’ente.
La costituzione di parte civile è stata fortemente voluta proprio dal sindaco Fabio Venezia, esponente del PD storicamente impegnato sul fronte della lotta alla criminalità organizzata “L’amministrazione comunale di Troina si è costantemente attivata con tutti i mezzi di cui dispone, per contrastare i fenomeni criminosi di tipo mafioso – ora debellati – giacché essi hanno messo in pericolo la sicurezza dei propri cittadini, mortificando l’immagine della città e pregiudicandone lo sviluppo economico, sociale e culturale – afferma l’avvocato Timpanaro, dello studio “Timpanaro & Partners” -. Le somme che saranno ricavate dalla condanna al risarcimento dei danni a carico egli imputati saranno destinate per finalità con valenza morale e sociale e segnatamente nel campo della cultura della legalità”.