Il collegio giudicante del tribunale di Patti presidente Scavuzzo a latere Vona e Ceccon, ha condannato una donna a sette anni e sei mesi di reclusione, imputata di violenza sessuale aggravata, per non avere impedito che la propria figlia minorenne fosse reiteratamente costretta a subire atti sessuali ad opera dello zio, fratello dell’imputata. Disposta anche la condanna al risarcimento danni alla parte civile, la ragazza, costituitasi parte civile con l’avvocato Elena Moro.
Il Pm di udienza Alessandro Lia aveva chiesto la condanna a 9 anni di reclusione. I fatti contestati si riferiscono al periodo tra il 2012 e il 2016 a Oliveri e sono collegati ad altri fatti per i quali si era incardinato un altro processo al tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto; la donna, difesa dall’avvocato Giuseppe Ciminata, nel tribunale del Longano, era stata condannata in primo grado, ma dopo che il legale presentò appello, la sentenza fu annullata. Da qui l’avvocato Ciminata presentò una perizia psichiatrica in cui si dimostrava l’assoluta incapacità d’intendere e volere della donna ed il gup di Barcellona Pozzo di Gotto, accertando il vizio di mente, dispose l’assoluzione.
Lo stesso aveva avanzato l’avvocato Ciminata al tribunale di Patti, dove evidentemente, vista la condanna emessa dai giudici, non è stato riconosciuto il vizio di mente. Questi ed altri saranno i motivi perché il legale dell’imputata presenterà appello alla sentenza di condanna.