Nel mondo sono oltre 110 milioni i rifugiati che hanno lasciato i loro paesi d’origine per cercare, soprattutto in Europa, una nuova vita e dignità. Correva l’anno 1951 quando l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione 55/76 approvava la Convenzione relativa allo statuto del rifugiato e sceglieva il 20 giugno come data per celebrarne la Giornata Mondiale. Sono trascorsi oltre settantadue anni ma poco è cambiato: Torturati in campi di detenzione, costretti a odissee, senza sapere se il loro sarà un lieto fine, per fuggire dalle guerre, dalle persecuzioni e dalle violenze. Una giornata, quella di quest’anno, che arriva ad alcuni giorni di distanza dall’assurdo e tragico naufragio al largo delle coste della Grecia con già 80 morti e oltre 600 dispersi di questi, oltre cento sono bambini.
Una tragedia che, dopo aver visionato alcuni filmati, sconfessa le continue bugie dalla Guardia Costiera Greca, che aveva cercato di giustificare il mancato soccorso e la totale indifferenza nei confronti della disperazione di tanti rifugiati adducendo le avverse condizioni del mare. Quel mare, il Mediterraneo che Papa Francesco ha definito “un immenso cimitero senza lapidi”, esempio allarmante della quasi totale indifferenza nei confronti delle gravi violazioni dei diritti umani dei rifugiati. Basta poco per testimoniare che l’Europa è un continente accogliente e la nostra, una società civile.
I rifugiati hanno bisogno di studiare per ricominciare a sognare, hanno bisogno di apprendere la lingua del paese dove hanno trovato rifugio per non rimanere isolati, trovare un lavoro per ricostruire la propria vita e quelle delle loro famiglie, in piena dignità. Questo l’obiettivo che l’UNHCR cerca di raggiungere attraverso campagne che hanno come finalità quelle di far conoscere la condizione dei rifugiati, i loro sogni e le loro speranze. #WithRefugees durerà fino al 19 settembre, un’opportunità per i cittadini di tutto il mondo, di testimoniare la loro vicinanza ai rifugiati.
UNHCR presenterà i risultati della campagna, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per chiedere a tutti i Governi semplicemente: “di garantire che ogni bambino rifugiato possa accedere all’istruzione; che ogni famiglia rifugiata abbia un posto sicuro in cui vivere e garantire che ogni rifugiato possa lavorare o acquisire nuove competenze per dare il suo contributo alla comunità”. Ed ancora l’altra campagna di UNHCR: Together #WithRefuges. “Chiunque siano, da qualsiasi luogo provengano. Sempre, Unisciti a noi. Insieme possiamo fare la differenza”. Nella cappellania di Sant’Elia si è celebrata la Giornata Mondiale del Rifugiato organizzata dal Centro diocesano per la pastorale delle migrazioni, con il contributo dell’Arcidiocesi di Messina Lipari S. Lucia del Mela, del Centro Islamico di Messina, della Commissione sinodale per la Diaconia (Chiesa Evangelica Valdese) e della Comunità ortodossa di Messina del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. Significativa e di grande impatto emotivo la preghiera ecumenica ed interreligiosa, che ha dato il via alla celebrazione e, altrettanto significative le testimonianze dei migranti che, ancora oggi, vivono il dramma delle migrazioni forzate.
L’evento è stato curato dal Diacono Santino Tornesi Direttore dell’Ufficio Regionale Migrantes. L’Imam Refaat Mohamed presidente del centro islamico di Messina ha invitato a “non chiudere l’occhio davanti all’ingiustizia e all’indifferenza. La pace e l’amore devono trovare fondamento nelle coscienze umane. Bisogna mettere da parte gli interessi politici ed economici come ha più volte sottolineato anche il Santo Padre Francesco”. L’Islam ha proseguito l’Iman, “si costruisce sulla pace ed invita i suoi fedeli a viverla e diffonderla. Il profeta ha detto che nessuno entrerà in paradiso se non crede nella pace e se non ama il prossimo”. Significativa la testimonianza del giovane afghano Najeeb Arghistani il quale ha trasferito la sua esperienza di rifugiato e, in particolare ha affermato che “non è semplice per una persona afghana lasciare il proprio paese, vent’anni fa era tutto più facile”. Oggi ha proseguito Najeeb, “iniziare una nuova vita, andare a scuola, cercare un lavoro non è più possibile; il regime talebano non consente ai giovani di istruirsi, di possedere alcun bene e di avere una indipendenza lavorativa. La guerra è primaria rispetto alla dignità umana”. Quelli che riescono a scappare ed arrivano in Italia, ha concluso Najeeb, “trovano enormi difficoltà e, iniziare un percorso di studi è quasi impossibile eppure, chiedono solo di cambiare il loro stile di vita”. Commovente la testimonianza della giovane afghana Hadia Ibrahim Khel che ha parlato “della condizione in cui le donne sono costrette a vivere sotto il regime dei talebani; anche le bambine vengono privare della dignità, costringendole ad una condizione di subalternità; prive di andare a scuola, di avviarsi nel mondo del lavoro”. Da rifugiata politica Hadia Ibrahim Khel ,“desidera fare sentire al mondo la voce di chi chiede giustizia, solidarietà e sostegno per difendere i diritti dei rifugiati”. Haida ha invitato i paesi occidentali e gli italiani in particolare, “di tendere la mano a coloro che hanno bisogno di far sentire la propria voce e ascoltare le loro storie”.
La giornalista Elena De Pasquale ha trasferito le emozioni provate, da donna e da cronista, l’08 luglio 2013 a Lampedusa, quando Papa Francesco ha voluto rendere omaggio ed indurre alla riflessione per ricordare le centinaia di vittime innocenti che il Mediterraneo aveva inghiottito.
L’animazione è stata curata dal Coro multietnico dell’Ufficio diocesano Migrantes.
Salvo Saccà