Continuano dibattito e polemica attorno alla terribile vicenda del presunto stupro di gruppo avvenuto a Palermo lo scorso 7 luglio. Soprattutto per quanto sta avvenendo sui social, con situazioni letteralmente fuori controllo, che potrebbero finire, a loro volta, in qualche aula di tribunale a suon di carte bollate.
A seguito di numerose notizie stampa su una “caccia alle immagini” scatenatasi nelle chat, sulla questione è intervento il Garante privacy che ha messo in guardia sulle conseguenze, anche di natura penale, che derivano dalla diffusione e condivisione dei dati personali della vittima e dell’eventuale video realizzato.
L’Autorità – con due provvedimenti d’urgenza – ha rivolto un avvertimento a Telegram e alla generalità degli utenti della piattaforma, affinché venga garantita la necessaria riservatezza della vittima, evitando alla stessa un ulteriore pregiudizio connesso alla possibile diffusione di dati idonei a identificarla.
Il Garante privacy ha precisato che, la possibile diffusione di dati idonei a identificarla, anche indirettamente, è in contrasto con le esigenze di tutela della dignità della ragazza e ha ricordato che la diffusione e la condivisione del video costituiscono una violazione della normativa privacy, con conseguenze anche di carattere sanzionatorio, ed evidenzia i risvolti penali della diffusione dei dati personali delle persone vittime di reati sessuali (art. 734 bis del codice penale).
Ma le conseguenze della deriva mediatica a cui si è assistito in queste ore potrebbero andare oltre.
Le famiglie dei sette giovani arrestati hanno presentato una denuncia alla polizia di Stato contro ignoti per messaggi di minacce e insulti ricevuti dopo la diffusione della notizia che i loro parenti sono stati arrestati con l’accusa di violenza sessuale di gruppo. I familiari hanno chiesto anche di identificare chi ha realizzato i profili fake di alcuni indagati e chi ha postato le loro foto dondole in pasto a milioni di persone.La polizia postale dovrà ora analizzare tutti i social dove sono presenti migliaia di post e di commenti sulla vicenda.
Dal carcere Pagliarelli arriva intanto la notizia della richiesta dei 6 indagati, qui ristretti dopo l’esecuzione della misura cautelare, di essere trasferiti in altro carcere, in quanto avrebbero ricevuto minacce.
Ed anche la direzione della casa circondariale palermitana avrebbe chiesto al Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria per la Sicilia di trasferire i 6 detenuti. La richiesta potrebbe essere stata presentata perché nel carcere palermitano non ci sarebbero a disposizione abbastanza sezioni protette per garantire il divieto di incontro imposto dall’autorità giudiziaria, oppure perché l’eco della vicenda potrebbe essere giunta sin dentro il carcere provocando reazioni che ora potrebbero destabilizzare l’ordine e la sicurezza all’interno della struttura.