venerdì, Novembre 22, 2024

Capo d’Orlando – Identificato un relitto subacqueo d’interesse culturale davanti alla spiaggia di San Gregorio

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Segnalato per la prima volta nel 2019 dal subacqueo messinese Carmelo La Monica e oggetto di indagine da parte dei subacquei della Soprintendenza del Mare nello stesso anno, il relitto navale che giace in pochi metri d’acqua davanti alla spiaggia di San Gregorio, nel comune di Capo d’Orlando, è stato finalmente identificato.

Si deve all’istruttore subacqueo Giuseppe Condipodero Marchetta e a Lisa Francesca Bonasera, la ricostruzione storico/documentale e i successivi rilievi subacquei propedeutici all’identificazione del relitto.

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Si tratta del Piroscafo a ruote a propulsione mista vapore/vela tipo Schooner “Marco Polo”, di 338 T., dimensioni 65,5 x 7.4 x 5,75 m., costruito da William Simons & Co. ltd a Renfrew in Scozia e varato il 09 Apr. 1863.

Dopo avere fatto parte della flotta Florio, il “Marco Polo” passò nel 1881 alla Navigazione Generale Italiana di Palermo, sotto la quale avvenne il sinistro marittimo che ne determinò l’affondamento, il 21 Dicembre 1884. In quel giorno, presso il promontorio di Capo d’Orlando, da giorni imperversava mare agitato e forti venti dal I e IV quadrante, condizioni pericolosissime per la navigazione, soprattutto per le particolari condizioni morfologiche della zona (basso fondale, scogliere e scogli semi-sommersi).

In rotta verso Messina, non riuscendo a doppiare Capo Calavà per il mare grosso, il “Marco Polo” virò a 180° per mettersi alla fonda appena fuori l’approdo di San Gregorio, ma non riuscì a frenare l’abbrivo verso costa, anche a causa della scarsa spinta delle ruote a pale e urtò il fondo squarciando la chiglia sotto la linea di galleggiamento: l’allagamento della sala macchine mise fuori uso le caldaie a vapore e a quel punto, neanche i tentativi di alleggerire la nave sbarcando materiale e l’intervento di due rimorchiatori giunti da Milazzo, riuscirono a salvarla.

Oggi il relitto giace su un fondo sabbioso tra 4 e 6 metri di profondità, smantellato in buona parte durante la I guerra mondiale e negli anni 30, ma è tuttora ancora ben visibile in assetto di navigazione con la prua rivolta verso Est: di quest’ultima é evidente il tagliamare, gli occhi di cubia, una grossa catena e l’ancora di tipo Ammiragliato.

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Sono visibili inoltre, in alcuni tratti, l’interno dei vani inferiori e le costole della chiglia, a metà nave la parte meccanica di una delle ruote a pale collegata alla murata dello scafo, che si eleva per circa 3 metri e, fra paratie collassate e detriti, numerosi oblò con vetri e oscuranti.

Tutti gli elementi di cui sopra, oltre che dalle fotografie, sono evidenti da uno schizzo del relitto, disegnato approfittando di un periodo di completo disinsabbiamento.

Con il supporto della competente Autorità marittima e per le finalità di tutela e valorizzazione, la Soprintendenza chiederà l’emissione di un’Ordinanza di regolamentazione dell’accesso al sito.

“La nave, nel corso della sua storia, – dichiara Giuseppe Condipodaro Marchetta – è stata al centro di numerose cronache; per questo studio sono stati reperiti i più svariati articoli: dal viaggio inaugurale alla presa di Lissa durante la III guerra d’indipendenza; dai viaggi marittimi di Crispi fino a liete nascite a bordo del bastimento.

Ho voluto quindi approfondire la storia fino all’identificazione ufficiale e ricostruzione della vita di questo piroscafo per la passione che mi spinge a dare sempre un’identità a ciò che giace in silenzio dentro il nostro mare e attende qualcuno che gli dia nuovamente voce.”

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