Interessante ed emozionante “spettacolo” quello presentato al Teatro Vittorio Emanuele, voluto dal direttore del Museo di Messina Orazio Micali, per trasferire, attraverso diverse forme di arte, il ricordo dei tragici momenti che hanno raso al suolo Messina il 28 dicembre del 1908. Trasmettere le sensazioni, anche forti, di ciò che il terremoto ha provocato nella popolazione e nei luoghi, ha permesso agli spettatori di comprendere quanto importante sia tramandare “il ricordo-tradizione” per “risorgere” dalla polvere che non può cancellare l’identità di una città, di un popolo.
Il terremoto del 28 dicembre 1908, insieme a qualche altro monumento della città, risparmiò il teatro, tranne la parte posteriore. La sera prima, il Teatro Vittorio Emanuele era sfavillante di luci, tutto intorno si respirava l’area natalizia, sul palco era in scena l’Aida di Giuseppe Verdi e Messina festeggiava anche il “debutto” della nuova illuminazione nelle strade. Interpreti dell’Aida, il tenore astigiano Angelo Gamba (Radames) e il soprano ungherese Paola Koraleck (Aida).
Con loro Flora Perini, Aristide Anceschi, Giuseppe Quinci Tapergi, Francisca Solari, Umberto Sacchetti e Gaetano Mazzanti, la direzione del maestro Franco Paolantonio. Alle 5,21 del 28 dicembre, 31 interminabili secondi, cancellarono pure gli interminabili applausi che avevano accompagnato la conclusione dell’opera verdiana.
Le testimonianze tramandate dai pochi fortunati sopravvissuti narrano che il tenore Angelo Gamba, mentre moriva, stava cantando “O terra, addio; addio valle di pianti”, e, attorno a lui, la moglie e i figli deceduti qualche minuto prima. Di queste testimonianze, ieri sera gli spettatori ne hanno sentite diverse; la tragedia ha provocato distruzione, massacro, carneficina, ma, più forte è stato lo spirito di sopravvivenza e di rinascita. Niente è nessuno potevano azzerare anni nei quali, Messina aveva acquisito la sua fisionomia architettonica, la sua identità culturale il suo ruolo commerciale che ruotava intorno al porto. Il cordoglio delle autorità, le polemiche sulla efficienza e tempestività dei soccorsi hanno contraddistinto gli anni successivi al terremoto del 1908.
Lo spettacolo che Orazio Micali ha voluto presentare alla città, ha messo in luce sia alcuni personaggi pubblici che, rischiando la propria vita, hanno voluto mettere insieme tutto ciò il terremoto non era riuscito a distruggere. Parliamo del sovrintendente Antonio Salinas e dei suoi più stretti collaboratori, parliamo di quei messinesi che non si sono mai pianti addosso ma, si sono rimboccati le maniche per dare una chiave di lettura vera a tutto ciò che il terremoto non è riuscito a “sfigurare”; parliamo distati d’animo, di silenzi ma soprattutto di vita rinata attraverso la cultura.
Significativa la ricostruzione documentaristica e fotografica realizzata dal maestro Pino Ninfa e l’interpretazione dei due attori-narratori Mauro Failla e Alessio Bonaffini che si sono perfettamente integrati nell’essenziale scenografia realizzata da Francesca Cannavò. I testi dello spettacolo si devono a Giusi Arimatea, la regia affidata a Giovanni Maria Currò; Eding video: Gaetano Sciacca, Audio e Luci Giovanni Rando.