I coniugi pattesi Letizia e Dario Natoli hanno vissuto un’esperienza straordinaria e indimenticabile con un viaggio missionario in Corea del Sud.
Giorni intensi di incontri, attività, preghiera, riflessione; giorni in cui “toccare con mano” quanto bene si possa fare, nella semplicità, alla – come la definisce Papa Francesco –
“carne di Cristo”. “Il primo viaggio missionario che abbiamo fatto come coppia, – sottolineano i coniugi Natoli – è stato nel lontano 1989, insieme al Procuratore delle Missioni Padre Sergio Natoli OMI (Oblati di Maria Immacolata),, andando a trovare il nostro concittadino Padre Pippo Giordano che viveva a Djilas (Senegal).
Da allora ci siamo sempre interessati alle Missioni estere, sposando numerose iniziative a favore della popolazione africana, tra cui la costruzione di chiese, scuole, dispensari, pozzi, centri di formazione, orti, centri nutrizionali ed altre iniziative come le adozioni a distanza, inviando ogni due anni, materiale di vario genere, tra cui derrate alimentari, medicina ed oggetti vari, indispensabili per lo sviluppo della missione”.
“Stavolta – proseguono – in comunione con il Procuratore delle Missioni estere Padre Flavio Facchin OMI, il nostro cuore guardava il continente asiatico, Thailandia e/o Corea del Sud, dove vivono dei padri oblati italiani, e per motivi logistici, è stato scelto di andare a Seoul”.
Letizia e Dario, assieme agli altri componenti del gruppo missionario, sono stati accolti alla Nunziatura Apostolica da monsignor Giovanni Gaspari, originario di Pescara, il quale ha presentato la situazione della Chiesa nelle due Coree, ha spiegato i preparativi per la Giornata Mondiale dei Giovani che si svolgerà a Seoul nel 2027.
“Le realtà che abbiamo visto – raccontano ancora Letizia e Dario – hanno sfaccettature diverse. P. Maurizio si occupa dei migranti, per la maggior parte Filippini, creando dei
percorsi di cammino comunitario e di integrazione con la gente del luogo. Aiuta i parroci locali nella pastorale dei migranti. Abbiamo avuto modo di sperimentare i rapporti
interculturali e il dialogo tra i popoli, oltre ad una integrazione che permette di cogliere il valore della cultura”.
“Significativa – continuano – l’esperienza alla Casa di Anna, alla periferia di Seoul, fondata da P. Vincenzo, una delle istituzioni caritative più importanti della Corea, dove la mensa per i poveri fornisce ogni giorno 500 pasti. Ad oggi ha fornito oltre tre milioni di pasti a migliaia di persone, garantito più di ventimila interventi sanitari e realizzato tante altre iniziative a supporto degli “scartati” che vivono negli angoli bui della luccicante capitale sudcoreana”.
La Casa di Anna svolge diverse attività: si lavora per la gente di strada, per i giovani e gli anziani e si offrono tantissimi servizi, ma il dono più grande, più bello è dare speranza”.
“Abbiamo vissuto in prima persona cosa significhi – spiegano ancora Letizia e Dario – cosa significhi dare dignità: un povero innanzitutto ha bisogno di dignità e forse questo è il motivo per cui ogni giorno, prima di iniziare i pasti con i volontari, si inizia con una preghiera; poi si va fuori con i volontari e con un grande cuore formato sulla testa — con le braccia si forma un grande cuore — si passa davanti a ognuno, guardandolo negli occhi e gli si dice: «Ti voglio bene, ti voglio bene», un’emozione unica.
Veder mangiare tutte quelle persone è come vivere nell’attualità la moltiplicazione dei pani e dei pesci, che ogni giorno si ripete. Non neghiamo che guardando le persone negli occhi e dicendo loro “ti voglio bene” ci venivano le lacrime agli occhi, ma nello stesso tempo, un senso di comunione con il nostro fratello “povero”, ma tratto con la dignità di essere umano”.
“Un’altra attività che ci ha particolarmente colpito – affermano i coniugi Natoli – è quella del progetto “Azit”. Dopo aver notato che tra le persone che frequentavano la mensa c’erano anche alcuni adolescenti, P. Vincenzo si incuriosì e andò a cercarli per le strade della città, scoprendo che nella maggior parte dei casi scappavano da famiglie problematiche.
I più piccoli oggi trovano spazio in case famiglia, mentre i più grandi vengono indirizzati verso programmi di reinserimento lavorativo grazie anche alla presenza di una fabbrica che permette loro di mettere da parte del denaro, perché il vitto, l’alloggio e tutti i servizi offerti dalla Casa di Anna, per il 60% sono frutto di offerte, donazioni e per il 40% dal contributo del comune di Seoul.
Il progetto Azit, è un “bus cerca ragazzi”. P. Vincenzo ha comprato un grande autobus e ha iniziato ad andare in giro dalle 16 alle 24 in cerca dei ragazzi e delle ragazze che vagavano per le vie della città. Oggi Azit è un punto di ristoro, ma anche un ospedale da campo per
curare le ferite aperte e un oceano di consolazione per tanti giovani abusati che trovano un posto sicuro e tanto affetto e amore”.
“Sono state giornate molto intense ma edificanti – concludono Letizia e Dario – dove abbiamo vissuto in pienezza l’amore scambievole e dove abbiamo fatto esperienza della bellezza della Chiesa che sa essere seme di bene in ogni parte del mondo”.