Assoluzione da alcuni capi di imputazione e rideterminazione in diminuzione delle pene per alcuni imputati. La prima sezione penale della corte d’appello di Messina, presieduta da Francesco Carmelo Tripodi, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado emessa da tribunale di Patti il 19 luglio 2023 nel processo scaturito dell’operazione Gamma Interferon decretando 7 condanne. Per un capo di imputazione assolto perché il fatto non sussiste Biagio Salvatore Borgia; rideterminata la pena da 4 anni e 3 mesi a tre anni di reclusione.
Assolti perché il fatto non sussiste anche Nicolino Gioitta, Salvatore Artino e Carmelo Gioitta per un capo di imputazione e Nicolino Gioitta anche per un altro capo di imputazione, riducendo così la pena nei confronti di quest’ultimo da 4 anni e 6 mesi a due anni e due mesi di reclusione, e la multa irrogata in primo grado da 2.500 ad 800 euro.
Assolto da un capo di imputazione Antonino Calcò e Sebastiano Conti Mammamica da due capi di imputazione perché il fatto non sussiste.
Rideterminata anche la pena a carico Giovanni Girbino, a cui sono state concesse le attenuanti generiche, con riduzione della pena da due anni e 6 mesi ad un anno e 4 mesi, concedendo anche la sospensione condizionale della pena, e la riduzione della multa da 2,500 euro ad 800 euro. Assolti anche Salvatore Musarra e Tindaro Giacomo Agostino Ninone rispettivamente per un capo di imputazione ciascuno perché il fatto non sussiste. Lo corte ha confermato la domanda delle parti civili esclusivamente nei confronti di Biagio Salvatore Borgia, condannato al pagamento delle spese di costituzione di parte civile determinate in 900 euro, oltre iva e CPA.
L’inchiesta, condotta dai poliziotti del commissariato di Sant’Agata di Militello e dalla squadra mobile di Messina riguardava una presunta filiera parallela e illegale di produzione di carni nel comprensorio nebroideo in cui sarebbero stati coinvolti allevatori locali, macellai e medici veterinari, in servizio all’ASP di Sant’Agata Militello. I reati ipotizzati e contestati a vario titolo andavano dall’associazione a delinquere, contestata a 22 persone, all’abigeato, maltrattamenti di animali, somministrazione senza alcun controllo medico di famaci ai capi di bestiame, macellazioni clandestine e false certificazioni nei controlli degli animali, le cui carni, non idonee al consumo umano, sarebbero poi finite sulle tavole dei consumatori. L’indagine aveva portato ad iscrivere nel registro degli indagati una cinquantina di persone, con 33 misure cautelari eseguite. 41 furono poi rinviate a giudizio per oltre 120 di capi di imputazione, molti dei quali sono andanti in prescrizione.