Il tribunale del Riesame di Messina, presidente Micali, a latere Vermiglio e Smedile, ha sostituito la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari per Domenico Bucolo, difeso dall’avvocato Filippo Barbera e Santo Genovese difeso dall’avvocato Pinuccio Calabrò.
Entrambi, Bucolo era in carcere a Barcellona Pozzo di Gotto e Genovese nel carcere di Reggio Emilia, sono ritenuti responsabili dell’uccisione del giovane romeno Petre Ciurar, per fatti accaduti nel 2010 a Barcellona Pozzo di Gotto.
Devono rispondere di omicidio e porto illegale di armi, reati aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa. I giudici messinesi, oltre ad aver modificato, seppur parzialmente, gli effetti dell’ordinanza emessa dal gip del tribunale di Messina il 9 gennaio scorso, probabilmente perché i fatti contestati risalgono a 15 anni fa, hanno disposto anche l’applicazione del braccialetto elettronico, disponendo che, nell’eventualità non avessero dato il consenso, sarebbe stata ripristinata la misura cautelare in carcere.
Secondo il prospetto accusatorio il delitto sarebbe stato ideato ed eseguito come ritorsione nei confronti della comunità rom, ritenuta responsabile di diversi furti nel territorio appannaggio del dominio mafioso del gruppo “San Giovanni”, riconducibile alla consorteria mafiosa dei “barcellonesi”, alla quale erano organici i due indagati.
Le indagini dei carabinieri, coordinate dalla procura e dalla direzione distrettuale antimafia di Messina, si sono avvalse anche delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia. Ad eseguire il provvedimento di arresto, a Barcellona Pozzo di Gotto e nella provincia di Reggio Emilia, sono stati i carabinieri del Ros con il supporto dei comandi provinciali messinese ed emiliano su ordinanza emessa dal Gip di Messina e su richiesta della Dda.
Tre giorni fa il provvedimento dei giudici del riesame in parziale accoglimento delle istanze dei difensori.