Il 27 febbraio 2025, la guardia di finanza di Reggio Calabria, aveva dato esecuzione all’ordinanza di misura cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria, che prevedeva tre arresti ed oltre 151 posizioni di indagati (in buona parte di Messina), per il reato di truffa ai danni dello stato. Nella medesima ordinanza il gip aveva disposto il sequestro preventivo di oltre 700.000 €, asseriti proventi della maxi truffa.
Secondo l’accusa, una ramificata associazione a delinquere, con collegamenti evidenti con le cosche di ndrangheta calabresi, procacciava cittadini contribuenti e mediante l’ausilio di complici all’interno della stessa agenzia delle entrate, faceva rilasciare false dichiarazioni, al fine di ottenere ingiusti e non dovuti rimborsi irpef, per un totale di oltre 700.000 €.
Tra gli indagati C.A. nato e residente a Messina, classe 58, difenso dall’avvocato Alfio Chirafisi, di Milazzo, con la collaborazione dell’avvocato Carla Falduto di Reggio Calabria, destinatario, tra l’altro, del provvedimento di sequestro delle somme, per circa 4.000 €, proponeva riesame avverso l’ordinanza.
Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, in accoglimento dell’atto di riesame, annullava il sequestro nei confronti del C.A., sulla scorta di due motivi, uno dei quali, smonta la tesi accusatoria, a carico dei contribuenti indagati.
In particolare, è stato rilevato un errore nella qualificazione giuridica dei fatti, operata dalla guardia di finanza
Infatti, la condotta contestata lungi dal rientrare nel reato di truffa (come ipotizzato dalla procura e dal gip) meglio si attaglia ad altra norma (artt. 3 e 4 Dlgs 74/2000). Per tale norma la soglia di punibilità è prevista a partire da € 100.000, mentre nel caso di specie le ingiuste erogazioni, non superano i 4.000 € cadauno.
Pertanto, il C.A. risulta essere innocente.
Tale principio, seppur sancito a seguito del ricorso presentato dall’avvocato Alfio Chirafisi e dall’avvocato Carla Falduto, nell’interesse del C.A. dovrà necessariamente estendersi a tutti gli indagati (contribuenti) accusati del reato. Pertanto, allo stato, risultano tutti innocenti.
Per altro verso, il Tribunale ha pure riconosciuto la buona fede del C.A. che, invero, aveva restituito le somme predette, frutto, secondo la prospettazione difensiva, di un mero errore.