Una brutta campagna elettorale. Povera di contenuti e ricchissima di polemiche, insulti affidati ai social e monologhi televisivi surreali, intrisi di slogan e demagogia.
Una campagna elettorale che era partita con l’intenzione di riportare al voto quanti negli ultimi anni avevano deciso di disertare le urne ma che, con ogni probabilità, ha finito per allontanarne altri. Ci hanno promesso di tutto: tasse universitarie, canoni televisivi, lauti sussidi, meno tasse e sostanziose pensioni. Non ci hanno spiegato come si pagheranno, come si farà a non allargare ancora di più l’enorme buco del debito pubblico. Non ci hanno parlato di rapporti con l’Europa, di interventi per il commercio, di scuola, di occupazione, di trasporti. Neppure quando un po’ di neve (perché d’inverno capita che nevichi) ha paralizzato un Paese. Ma soprattutto non ci hanno spiegato cosa faranno il 5 marzo quando quasi certamente nessuno degli schieramenti avrà una maggioranza mentre, sottobanco, tutti hanno preaccordi. Più che una campagna elettorale è stato un teatrino in cui ogni partito, tutti i partiti, hanno recitato una parte, un ruolo sino alle presentazioni di “fantaministri”. Da un lato la difesa ad oltranza di un lavoro svolto al governo, dall’altra la distruzione e l’affondo anche quando ciò che è stato fatto non era da buttare. E poi la cipria di altri ancora per apparire nuovi dopo 20 anni di ruolo attivo nei governi. Ed infine un elettorato tifoso, pronto a rilanciare ogni tipo di bufala ed accettare acriticamente ogni discorso proveniente dai propri per poi offendere ogni ragionamento degli altri. Ripensandoci non è stata una brutta campagna elettorale: stiamo diventando dei brutti italiani. E la politica, si sa, ci rappresenta.
La campagna elettorale è finita, finalmente
Una brutta campagna elettorale. Povera di contenuti e ricchissima di polemiche, insulti affidati ai social e monologhi televisivi surreali, intrisi di slogan e demagogia.
Una campagna elettorale che era partita con l’intenzione di riportare al voto quanti negli ultimi anni avevano deciso di disertare le urne ma che, con ogni probabilità, ha finito per allontanarne altri.
Ci hanno promesso di tutto: tasse universitarie, canoni televisivi, lauti sussidi, meno tasse e sostanziose pensioni.
Non ci hanno spiegato come si pagheranno, come si farà a non allargare ancora di più l’enorme buco del debito pubblico.
Non ci hanno parlato di rapporti con l’Europa, di interventi per il commercio, di scuola, di occupazione, di trasporti. Neppure quando un po’ di neve (perché d’inverno capita che nevichi) ha paralizzato un Paese.
Ma soprattutto non ci hanno spiegato cosa faranno il 5 marzo quando quasi certamente nessuno degli schieramenti avrà una maggioranza mentre, sottobanco, tutti hanno preaccordi.
Più che una campagna elettorale è stato un teatrino in cui ogni partito, tutti i partiti, hanno recitato una parte, un ruolo sino alle presentazioni di “fantaministri”.
Da un lato la difesa ad oltranza di un lavoro svolto al governo, dall’altra la distruzione e l’affondo anche quando ciò che è stato fatto non era da buttare. E poi la cipria di altri ancora per apparire nuovi dopo 20 anni di ruolo attivo nei governi.
Ed infine un elettorato tifoso, pronto a rilanciare ogni tipo di bufala ed accettare acriticamente ogni discorso proveniente dai propri per poi offendere ogni ragionamento degli altri.
Ripensandoci non è stata una brutta campagna elettorale: stiamo diventando dei brutti italiani. E la politica, si sa, ci rappresenta.
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