Negli ultimi giorni, a seguito dei tristemente noti eventi verificatisi a Casteldaccia e in altre parti della Sicilia e del resto d’Italia, torna alla ribalta il fenomeno dell’abusivismo edilizio e dello sfruttamento indiscriminato e distruttivo del territorio.
Infatti è iniziato il solito tourbillon di accuse tra affittuari, proprietari, Sindaci, Procuratori della Repubblica, finalizzato, ormai, solo alla ricerca di un responsabile che poi alla fine sarà il solito capro espiatorio.
I responsabili, qui, sono un poco tutti, ognuno per la propria parte, ma in primo luogo una normativa che consente scappatoie o sistemi per aggirarla, di tutti i tipi.
Da quello legislativo, sanatorie, condoni, a quello amministrativo ricorsi al TAR e quant’altro, e non parliamo dei problemi dei Comuni che si trovano migliaia di pratiche di sanatoria, ancora inevase, addirittura risalenti alle prime leggi sul condono edilizio del 1985 (legge 47 (nazionale) e legge 37 (regionale) che hanno consentito la sanatoria di migliaia di fabbricati abusivi, ma hanno consentito anche la permanenza, sul territorio, di migliaia di fabbricati costruiti in posti assurdi, come per esempio il letto dei fiumi, la battigia, il centro di una frana, e chi più ne ha più ne metta, che grazie a cavilli varii e inadempienze delle varie istituzioni sono ancora in piedi, in attesa della prossima calamità naturale che ne determini l’effettiva pericolosità.
Qualche Sindaco temerario, aveva provato a fare eseguire delle ordinanze di demolizione, ma è stato subito “fatto fuori” (metaforicamente ma non troppo, parlando) vedi ad esempio il caso di Licata, che non sto qui a ricordare.
E’ chiaro che l’esecuzione delle ordinanze di demolizione o di acquisizione non paga politicamente, anzi non paga proprio, neanche in termini di gradimento, perché coloro che spingono sulle demolizioni, al primo rigurgito popolare sono i primi a tirarsi indietro, specialmente i politici.
Allora bisogna trovare una soluzione, e una proposta valida è emersa dall’ultima riunione tenuta dal Presidente dell’ARS con alcuni Sindaci, tra cui il neo eletto Sindaco di Tusa, Avvocato Luigi Miceli che ha lanciato una proposta interessante.
“Le risorse umane e finanziarie a disposizione dei comuni sono notevolmente sottodimensionate rispetto ai livelli di responsabilità che gravano sui sindaci – dice il Sindaco di Tusa, gli ordini di demolizione di immobili abusivi sono sovente applicati nell’ambito dei procedimenti penali, a titolo di sanzioni accessorie”.
“Posto che l’organo competente per l’esecuzione delle sentenze penali è L’Ufficio del pubblico ministero, occorrerebbe prevedere normativamente quello che era un precedente orientamento della Corte di cassazione, secondo cui in tali casi la materiale demolizione sarebbe disposta dall’ufficio di procura tramite i mezzi del genio militare”. “Ciò impedirebbe, (sempre secondo Miceli) d’altra parte l’inizio del procedimento amministrativo, che si instaura a seguito di ordine di demolizione predisposto dai comuni”. “La procedura, continua l’avvocato Miceli, sarebbe possibile anche con l’attuale assetto normativo, occorrerebbe una legge che elimini la competenza dei comuni in caso di sentenza penale”.
In sintesi, il Sindaco di Tusa, propone giustamente, secondo il suo punto di vista di Sindaco ma anche di legale esperto, di attribuire le competenze sulla esecuzione delle sentenze di demolizione all’ufficio che le ha emesse, cioè la Procura che potrà avvalersi dell’Esercito, sgravando così i Sindaci e i Comuni dell’onere (economico e morale) di procedere alle demolizioni.
Il sasso è stato gettato, vedremo in futuro l’effetto che avrà prodotto nello stagno della normativa Nazionale e Regionale in materia di abusivismo.
Il problema è che una soluzione bisognerebbe trovarla in fretta, perché gli abusivi possono aspettare, i loro manufatti anche, ma la natura reclama con sempre più forza i propri diritti, e ha cominciato a riprendersi ciò che l’uomo le ha tolto e continua a toglierle.
Cito in chiusura una antica frase dei saggi del popolo Masai che dovremmo sempre tenere a mente in ogni nostra azione nei confronti della natura e dice testualmente: ““Tratta bene la Terra! Non è un’eredità dei nostri padri ma un prestito dei nostri figli”.
di Massimo Raimondi